Sergio Mattarella (Ansa)

editoriali

Il protezionismo porta alle guerre. Il gran discorso di Mattarella

Redazione

Combattere la globalizzazione è un dramma, dice il presidente della Repubblica, che denuncia le politiche protezionistiche e i loro effetti deleteri partendo da una rievocazione delle risposte sbagliate date alla crisi del '29, che portò alla rinascita dei nazionalismi

Il presidente della Repubblica, intervenendo alla cerimonia per l’attribuzione della laurea honoris causa da parte dell’università di Marsiglia, ha affrontato vari temi, tra i quali vale la pena sottolineare quello della denuncia degli effetti deleteri del protezionismo. Partendo da una rievocazione delle risposte sbagliate date alla crisi finanziaria del ’29, con l’alimentarsi di una spirale protezionistica che erose le alleanze, portò alla rinascita dei nazionalismi. Allora “anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura” ha detto, introducendo così la riflessione alle tendenze attuali. Ha citato un’analisi di Ursula von del Leyn che a Davos ha ricordato che, solo nel 2024, cioè prima dell’assunzione da parte di Donald Trump della presidenza, “le barriere commerciali globali sono triplicate in valore”. Mattarella, indirettamente in polemica con le tesi sovraniste ha elencato i vantaggi della tanto deprecata globalizzazione.

“La globalizzazione contemporanea ha prodotto un livello di integrazione internazionale e di crescita senza precedenti … Miliardi di persone sono uscite dalla povertà” ha detto, per poi osservare i rischi attuali di indebolimento delle strutture e delle organizzazioni multilaterali cui spetta il compito di difendere la pace e le libertà, compresa quella del commercio internazionale, così vistosamente indebolite dalle tendenze al dominio e dalla ripresa di spinte protezionistiche. Naturalmente Mattarella non ha trascurato di chiarire che queste stesse organizzazioni multinazionali, a cominciare dall’unione europea, per reggere le sfide devono rinnovarsi e si è chiesto se “l’Europa intende essere oggetto della disputa internazionale, area in cui altri esercitano la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale nell’affermazione dei valoro della propria civiltà”. L’alternativa al “vassallaggio felice” consiste nella scelta tra “essere protetti oppure essere protagonisti”. Una sfida non da poco, ma che è giusto mettere in chiaro.

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