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(Ansa)
editoriali
Francesco Saverio Marini e la deriva autoritaria che non c'era
Prima l’opposizione lo accusava il giurista: non poteva essere eletto perchè "in conflitto di interesse". Poi lo ha votato per la Consulta
Appena quattro mesi fa l’ipotesi che il costituzionalista Francesco Saverio Marini potesse essere eletto giudice della Corte costituzionale sembrava quasi una manovra eversiva. All’epoca, a ottobre, mancava solo un giudice su quindici della Consulta e la maggioranza, ovvero Giorgia Meloni, tentò di far votare in Parlamento l’estensore della riforma sul premierato. Il “blitz” non passò, proprio perché per eleggere i giudici costituzionali serve una maggioranza qualificata (e quindi un accordo con l’opposizione). In ogni caso, quel tentativo all’epoca venne descritto dalla stampa progressista e dal Pd come una manovra eversiva, una sorta di attentato alla Costituzione.
Marini non poteva essere eletto, si diceva, perché “in conflitto di interessi”: essendo stato l’autore di una riforma costituzionale e di altre leggi che potranno essere giudicate dalla Corte costituzionale, si trovava in una sorta di incompatibilità. Come se non ci fossero stati precedenti, si pensi solo al presidente della Corte Giuliano Amato, di giudici costituzionali che sono stati addirittura capi di governo e ministri. Si era arrivati a parlare di una concezione “proprietaria delle istituzioni”, per il tentativo della maggioranza di scegliere il giudice vacante.
Dopo pochi mesi, come era logico che accadesse, con la fine del mandato di altri tre giudici, è stato più semplice in Parlamento trovare un accordo tra maggioranza e opposizione sui quattro nomi mancanti. Alla fine il Pd ha votato Marini – quello che fino a pochi mesi fa era in “conflitto d’interessi” – perché in cambio il centrodestra ha votato Massimo Luciani, costituzionalista appunto vicino al partito di Elly Schlein. E non c’è niente di male, anzi. Non solo l’accordo per eleggere i due giuristi è legittimo, ma va nello spirito della Costituzione che prevede maggioranze qualificate e quindi intese tra maggioranza e opposizione. Ma bastava semplicemente dire questo, senza scomodare inesistenti derive autoritarie. Perché a furia di denunciare pericoli per la democrazia, poi la gente smette di crederci.