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editoriali
Manifestare per l'Europa, ma quale?
La piazza convocata da Serra & co non ha un problema di bandiere ma di idee
Doveva essere una manifestazione senza bandiere, sarà senza idee. O meglio, con tante idee diverse e contraddittorie (che è un po’ come averne nessuna) sotto un’unica bandiera europea (che è un po’ come una foglia di fico). Il pride europeo convocato da Michele Serra doveva fornire una risposta risolutiva all’aggressione autocratica, alla morsa di Trump e di Putin, con uno slogan definitivo: “Qui o si fa l’Europa o si muore”. Sul non morire sono tutti d’accordo, ma nessuno lo è sul come fare l’Europa. Il piano di difesa europea, la questione più rilevante e urgente, è da sostenere o no?
Ognuno degli aderenti alla piazza ha una risposta diversa. Per Serra, scrive su Rep., la “risposta armigera” di Von der Leyen “cozza tristemente contro i valori fondativi dell’Unione Europea”. Ezio Mauro scrive sempre su Rep. che, al contrario, “è chiaro che l’Europa deve dotarsi di un sistema di difesa, riarmandosi esattamente in nome della democrazia e del suo diritto alla pace”. Massimo Giannini, a metà strada su Rep., dice che il riarmo è un “male necessario”. I sindaci di sinistra nell’appello di adesione affermano che l’Europa deve “parlare con una sola voce”, ma dopo che l’Europa ha parlato con una sola voce – quella di Ursula – il sindaco di Roma Gualtieri, promotore dell’appello, dissente: “Non ci piace l’Europa delle armi”. Elly Schlein aderisce perché a favore della difesa comune europea, ma contro il piano di difesa europeo. Parte del Pd, invece, aderisce in accordo con il Pse e in disaccordo con la segretaria del Pd. La Cgil di Maurizio Landini, da sempre contro gli aiuti militari all’Ucraina, aderisce da pacifista sapendo che “non ci sarà un unico punto di vista in piazza”. D’altronde ci sarà Carlo Calenda che, da churchilliano, è un convinto sostenitore degli aiuti all’Ucraina e del piano Rearm Europe. All’appello manca Giuseppe Conte, colui che ha fatto dell’ambiguità politica un’arte, premier di destra e di sinistra, sovranista e progressista, amico di Trump e di Xi Jinping. Il M5s non ci sarà perché “la piattaforma non è chiara”. La piazza è ambigua, troppo ambigua, persino per Conte.



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