Dopo retro front e rinvii, parte la nave con i primi 40 migranti diretti in Albania

Redazione

Da Brindisi a Gjader sul pattugliatore Libra, il governo ci riprova. Ma restano dubbi giuridici e tensioni politiche. Intanto c'è il parere della Corte di Giustizia europea, ma si attende la lista di “paesi sicuri” della Commissione e la decisione finale della Corte di Lussemburgo

Il governo ci riprova. È partita da Brindisi la nave Libra diretta in Albania con a bordo i 40 migranti trasferiti dai centri italiani e destinati all'espulsione. Anche se restano molte incognite e montano le proteste dell'opposizione. Dopo il rinvio di ieri, gli stranieri dovrebbero arrivare oggi pomeriggio nella struttura di Gjader sul pattugliatore della marina militare che l'Italia ha promesso di cedere al governo di Edi Rama. La Libra ha lasciato il porto di Brindisi poco prima delle nove. Non si conosce la nazionalità degli stranieri, la missione non è stata ancora ufficializzata. Per l’Ansa i migranti erano detenuti nel Cpr di Brindisi, ma secondo il giornale locale Brindisi Report è possibile che arrivino anche da altri centri.

  

Il piano del Viminale

Il piano promosso dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, mira a esternalizzare parte della gestione dei migranti in attesa di espulsione, inviandoli in strutture situate sul territorio albanese ma gestite secondo standard italiani. Il centro di Gjader può ospitare 48 persone, ma presto la capienza sarà ampliata fino a 144 posti. E' stato riconvertito ufficialmente in struttura per il rimpatrio con un decreto del 28 marzo e fa parte dell'accordo tra Italia e Albania siglato a ottobre 2023. L’intesa prevede l’uso di due strutture albanesi per la detenzione temporanea di migranti, uno a Shengjjin, per lo sbarco e i controlli iniziali, e uno a Gjader, per il trattenimento vero e proprio. Il costo stimato dell’intera operazione è di 653 milioni di euro in cinque anni, a carico dell’Italia. Il Viminale aveva annunciato che i primi trasferimenti sarebbero avvenuti entro sette-dieci giorni dal 31 marzo, ma la macchina organizzativa si è rivelata più lenta e complessa del previsto. Infatti ogni volta che, negli scorsi mesi, il governo ha provato a mandare migranti nei centri albanesi, il tribunale competente non ne ha convalidato il trattenimento, ritenendolo in contrasto con le norme europee.

Il 28 marzo scorso, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al "decreto Albania" che, nelle intenzioni del governo porterà all'immediata riattivazione del centro sull'altra sponda dell'Adriatico. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, nella conferenza stampa post Cdm, ha spiegato come il decreto consenta "di dare immediata riattivazione al centro di Gjader che non perde le sue funzioni" ma che diventa un Centro di permanenza e per il rimpatrio (Cpr) pronto per accogliere anche i migranti in attesa di rimpatrio provenienti dall'Italia.

   

Il rinvio e le incognite giuridiche

L'operazione di trasferimento sarebbe dovuta partire ieri, ma è stata rinviata all'ultimo per via dei disordini scoppiati nel Cpr di Restinco (Brindisi), dove erano trattenuti i migranti in attesa di espulsione, oltre che per la selezione dei soggetti da trasferire, che si è rivelata più difficile del previsto. Si cercavano, infatti, persone considerate “a rischio sociale” e prossime al rimpatrio, ma prive di fragilità psichiche o sanitarie che ne impedirebbero il trasferimento.

Ieri sul piano italo-albanese si è espressa la Corte di Giustizia europea. Nel suo parere scritto - non vincolante - l'avvocato generale Richard de la Tour ha sollevato due punti: il primo sembra favorevole al governo Meloni: "Uno Stato membro - scrive de la Tour - può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo", proprio come ha fatto l'Italia. Tuttavia, uno stato può sì decidere per legge quali sono i paesi da considerare sicuri, ma deve anche "divulgare, a fini di controllo giurisdizionale, le fonti d'informazione su cui si fonda la designazione". L’avvocato generale chiarisce anche che i magistrati devono poter avere voce in capitolo e valutare se effettivamente un paese di provenienza di un migrante è sicuro. Il fatto che "un paese terzo sia designato come paese d'origine sicuro" tramite decreto, si legge nel parere, "non può avere la conseguenza di sottrarlo ad un controllo di legittimità".Il governo italiano dunque aspetta la pubblicazione della lista di “paesi sicuri” della Commissione europea, attesa a breve. E soprattutto la decisione finale della Corte di Giustizia Ue prevista tra la fine di maggio e i primi di giugno sulla querelle degli stati di origine.