Foto ANSA

Editoriali

Il 25 aprile della Brigata ebraica

Redazione

Il dovere delle associazioni dei partigiani di difendere un simbolo della resistenza. Per non lasciare spazio a chi vuole inquinare le celebrazioni della libertà riconquistata con un rigurgito di antisemitismo

La frase un po’ infelice del governo che, confermando tutte le manifestazioni di celebrazione del 25 aprile ha invitato per la coincidenza con il lutto nazionale di cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco alla “sobrietà”, ha suscitato il solito vespaio di polemiche terminologiche. Quello che conta, per dare un giudizio sul modo in cui si ricorda la Liberazione, è, ancora una volta, il trattamento che sarà riservato alla Brigata ebraica che ha deciso, nonostante le minacce e le intimidazioni, di sfilare nel corteo milanese. Un movimento di liberazione dal nazifascismo non può dimenticare lo sterminio degli ebrei e tanto meno lasciare spazio a chi, come i sedicenti “giovani palestinesi”, vorrebbe inquinare le celebrazioni della libertà riconquistata con un sordido rigurgito di antisemitismo. Tocca agli organizzatori, alle associazioni partigiane, a quelle degli ex deportati, al Partito democratico dal quale vengono o nel quale militano pressoché tutti i dirigenti di queste organizzazioni, garantire che il 25 aprile conservi il suo significato.

Ormai i partigiani sopravvissuti sono pochi, il compito di ricordare soprattutto ai giovani il significato profondo della Liberazione spetta a chi intende mantenere in vita questa gloriosa tradizione. Non si può più contare, a ottanta anni di distanza, sulla memoria diretta, bisogna presentare quei temi in consonanza con i tempi nuovi, nei quali ha comunque un grande valore, se trasmessa in modo convincente e corrispondente alla sua origine storica reale. Se è comprensibile che si dia spazio anche a chi si batte per altre finalità o per altre liberazioni, non è tollerabile e sarebbe comunque uno snaturamento inaccettabile permettere che vengano attaccati i combattenti ebrei contro il fascismo e le organizzazioni che li rappresentano. Non si tratta di “sobrietà” ma di responsabilità e fedeltà ai valori della libertà, il che è richiesto sempre, quale che sia il governo o la situazione internazionale.

Di più su questi argomenti: