Breve rassegna dei monumenti danneggiati a Roma

Redazione

Soltanto quattro piazze presidiate. E se li chiami, i vigili non vengono

Sono solo quattro i monumenti presidiati 24 ore su 24 dalla polizia locale: Fontana di Trevi, Piazza di Spagna, Pantheon e Piazza Navona. E la notte, nel centro storico, sono disponibili solo due pattuglie. Di fatto, se chiami i vigili, non vengono. In assenza di controlli, la città è a disposizione di vandali e maleducati: c’è chi incide il proprio nome sui muri in laterizio del Colosseo, chi cavalca i leoni del Valadier a piazza del Popolo, chi tenta ardite arrampicate su questa o quella scultura barocca. Di giorno e di sera, i bagni a Fontana di Trevi sono una consuetudine. Quasi un caratteristico contorno dell’opera, come il lancio della monetina.

      

I simboli della magnificenza di Roma rappresentano altrettanto bene il suo declino. Basta ripercorre le cronache cittadine per farsi un’idea del fenomeno. Ogni mese ha la sua croce, ogni opera d’arte ha il suo vandalismo. L’arrivo della primavera ha accompagnato la calata delle nuove orde di cafoni. A Pasquetta hanno fatto discutere le immagini dei turisti impegnati a pranzare sulla scalinata di Trinità del Monti appena restaurata. A marzo, invece, è toccato al murale di William Kentridge. “Triumphs and Laments”, lunga opera di street-art sulla banchina del Lungotevere. Deturpata anch’essa, come buona parte dei muraglioni, dalla vernice spray di inafferrabili writers.

      

Dalle strade alle chiese. Pochi giorni prima a subire lo sfregio è stato uno dei monumenti più noti, il Pantheon. Approfittando della calca, una donna è riuscita a danneggiare due candelabri del Settecento. Lo scorso ottobre un uomo è riuscito a danneggiare almeno quattro statue in altrettante chiese del centro, prima di essere arrestato dagli agenti di polizia. Un barbaro tour che nel giro di poche ore lo ha portato da San Martino ai Monti alla basilica di Santa Prassede, fino a San Vitale e San Giovanni Battista dei fiorentini a piazza dell’Oro.

       

Il simbolo della capitale è il Colosseo. Non a caso questo monumento è spesso al centro dell’attenzione degli incivili. A febbraio una turista francese è stata denunciata dai carabinieri dopo aver inciso con una moneta il suo nome su un pilastro. Vandalismo tanto frequente quanto, spesso, impunito. A metà gennaio qualcuno si è spinto oltre, autografando una delle colonne del Colosseo con un tratto di vernice nera. Più o meno negli stessi giorni si è registrato un episodio persino più inquietante. Due turisti brasiliani, ubriachi, hanno scavalcato di notte la cancellata entrando all’interno dell’Anfiteatro. Nella caduta uno dei due si è fratturato il bacino. E chissà, forse solo per questo sono stati scoperti. Il calendario dei danneggiamenti prosegue: lo scorso novembre lo sfregio è toccato all’elefante di piazza della Minerva. Stavolta i barbari hanno staccato un frammento marmoreo della zanna – lungo circa dodici centimetri – che i vigili urbani hanno ritrovato a terra. Ai piedi della scultura di Bernini.

         

Il caldo estivo, va da sé, accompagna la voglia di bagni. Al mare, in piscina e nelle fontane storiche della capitale. A luglio è finita su tutti i giornali la bravata di una comitiva romana a Piazza del Popolo. Un gruppo di ragazzi in slip, a mollo nell’acqua, tra i leoni egizi del Valadier da poco restaurati. Bravata beffardamente immortalata sulla pagina Facebook di uno dei protagonisti. Ma a volte non serve neppure la scusa dell’afa. Nel febbraio dello scorso anno un turista inglese si è spogliato e si è messo a nuotare in uno dei luoghi più belli della Città Eterna: la fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona (proprio qui nel 1997 un altro vandalo aveva danneggiato un frammento di marmo scambiando una delle statue per un trampolino). Il centro e la periferia, testimonianze d’arte antica e moderna. Più o meno nello stesso periodo altri vandali si sono accaniti all’Eur, nei pressi del Colosseo Quadrato. Qui, durante la notte, sono state scheggiate e divelte le lastre di alcuni gradoni in travertino, danneggiando seriamente la scalinata del Palazzo della Civiltà italiana. Denominazione, c’è da dire, forse adesso poco appropriata.

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