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spina di borgo

Con il processo, mons. Viganò è uscito dall'ombra

Matteo Matzuzzi

L'ex nunzio negli Stati Uniti è uscito di colpo dal cono d’ombra nel quale s’era infilato dopo anni di complottismo sparato sui social e su siti amici. Peccato

C’è chi si domanda quale sia il senso dell’avvio del “processo” nei confronti di mons. Carlo Maria Viganò, reso pubblico dallo stesso monsignore. Chi si pone tale interrogativo lo fa perché constata il fatto che di colpo l’ex nunzio negli Stati Uniti è uscito dal cono d’ombra nel quale s’era infilato. Anni di complottismo sparato sui social e su siti amici, tramite comunicati apocalittici in cui usava il latino  giusto per darsi un tono. Da un luogo misterioso spediva invettive contro il Papa, i progetti satanici, Soros, la cabala globalista, i vaccinisti, i cardinali venduti a Belezbù, i nemici di Putin. Si faceva riconsacrare vescovo, organizzava un ritiro viterbese per i preti e le suore epurati da Bergoglio (sic). Ma nonostante tutto questo attivismo, pure la realtà tradizionalista lo aveva abbandonato. Pure i lefebvriani subito hanno preso le distanze dal monsignore. Restavano a dargli manforte i più esagitati e i più estremisti, quelli che la Chiesa va bene solo se c’è il Papa che ci piace. Quelli per cui la tradizione è un vessillo da brandire (e pazienza se Viganò fino a qualche anno fa la messa nel cosiddetto rito antico quasi neanche sapeva cosa fosse) alla stregua d’un cannone. In effetti, il Papa poteva continuare a snobbare l’arcivescovo ribelle, ma anche la misericordia ha i suoi limiti. 

 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.