Editoriali
Poche parole e tanti fatti: Draghi e l'Italia dettano la linea sull'Ucraina
Lo status di paese candidato per Kyiv era stato proposto dal premier italiano tre settimane fa, ma non aveva raccolto consensi. Venerdì è stato approvato dalla Commissione europea. E’ il metodo di Draghi: non occultare le difficoltà, ma insistere con argomenti, incontri, ragionamenti, fino a persuadere gli interlocutori
Mario Draghi, nel viaggio a Kyiv, ha giocato un ruolo di punta, spingendo i suoi colleghi francese e tedesco ad accettare la sua proposta di accelerare la procedura per l’ammissione dell’Ucraina nell’Unione europea. Non ha vantato alcun successo, ha lasciato parlare i fatti, che però sono eloquenti di per sé. Solo tre settimane fa la stessa proposta italiana era isolata, Draghi al termine del Consiglio europeo aveva ammesso che “lo status di paese candidato per l’Ucraina trova l’obiezione di quasi tutti i grandi stati dell’Ue, tutti direi, esclusa l’Italia”. E’ il metodo di Draghi: non occultare le difficoltà, ma insistere con argomenti, incontri, ragionamenti, fino a persuadere gli interlocutori, come la mitica goccia che scava la roccia.
Naturalmente restano problemi da risolvere e ostacoli da superare, ma la determinazione di Draghi, il suo pugno di ferro avvolto da un guanto di velluto, non mollerà la presa. D’altra parte anche da presidente della Bce si era trovato spesso a fare i conti con le obiezioni rigoriste dei tedeschi e dei paesi nordici, ma alla fine li aveva convinti. Esponendo con chiarezza i suoi obiettivi e illustrandone le ragioni con competenza e pazienza, Draghi è spesso riuscito in imprese che sembravano impossibili. Ora si tratta dello status di candidato dell’Ucraina, domani della fissazione di un tetto europeo al prezzo dei beni energetici. Anche su questo tema Draghi è apparso isolato, ma ha continuato e continuerà a insistere. Intanto le mosse ricattatorie di Vladimir Putin dovrebbero fare capire a tutti che la strada indicata dall’Italia è nell’interesse di tutti. Vedremo come andrà a finire, comunque va apprezzato il tipo di europeismo praticato da Draghi, che non nasconde le difficoltà e le differenze, ma non risponde con polemiche o proteste subalterne, punta a dimostrare che l’Italia ha proposte utili a tutta l’Unione e spesso ci riesce. Così nella visita a Kyiv non è stato un comprimario ma un protagonista, si potrebbe dire, senza boria nazionalista, il protagonista.