editoriali
Sull'accordo sul grano, Putin minaccia ma non sgarra. Un modello da studiare
L'intesa è stata prorogata di altri due mesi, fino al 18 luglio. Il patto forse non è il primo passo per la pace, ma resta un metodo da approfondire e valutare per parlare con il Cremlino
Gli accordi sul grano sono stati prorogati di altri due mesi, fino al 18 luglio e le navi che partono da Odessa e da altri due porti ucraini affacciati sul Mar Nero potranno continuare a salpare con i loro carichi di cereali, evitando che la carenza di grano possa colpire soprattutto i paesi più in difficoltà. La Turchia, l’Onu e l’Ucraina – tre degli attori di cui gli accordi portano la firma – non vorrebbero ricorrere a rinnovi periodici.
E’ la Russia che usa gli accordi e l’ipotesi di bloccare ancora il trasporto del grano come ricatto. Alla fine però, ogni due o tre mesi, Mosca cede, rinnova e l’accordo va avanti. Qualche difficoltà c’è sempre, alcune ispezioni sono più complicate di altre, ma Mosca, dopo aver puntato i piedi, approva il rinnovo. Minaccia su tutto, ma meno sul grano. Il motivo per cui il Cremlino non fa saltare l’accordo è perché ha la sua convenienza e anche perché ha attorno a sé una serie di pressioni molto forti alle quali non può far altro che cedere. Sono le pressioni dei suoi alleati, come Pechino, o come alcuni paesi del Golfo, che non vogliono che la mancanza di cereali e un’eventuale carestia possano mettere in difficoltà le loro zone di interesse. La Cina è un’acquirente di lunga data del grano ucraino ed è stata tra i beneficiari principali dell’accordo e di conseguenza è interessata che vada avanti, senza interruzioni.
La Russia, nel contesto degli accordi per la circolazione dei mercantili nel Mar Nero, è stata di fatto circondata anche dai suoi alleati, ha ricevuto pressioni da ogni lato, sa che, qualora si impuntasse, i paesi che la sostengono o che si dicono neutrali, le causerebbero non pochi problemi. Se costretta ad ascoltare, la Russia ascolta. Gli accordi sul grano non sono il primo passo per la pace, ma sono un metodo da studiare per parlare con Vladimir Putin. Alla Cina, è chiaro, ricevere il grano interessa più della fine degli attacchi contro Kyiv. Ma se il Cremlino ha ceduto e, minacce a parte, non si azzarda a sgarrare, è perché è stato isolato da tutti. Il metodo grano potrebbe diventare un modello.
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