Cure di alto livello, pazienti “coccolati”, ricerca. La medicina diventerà un brand da esportare

Redazione

Forum con Paolo Rotelli, giovanissimo presidente del Gruppo San Donato-San Raffaele. Gli Standard del futuro, l’internazionalizzazione. Invecchiamento e assicurazioni

Vuole trasformare la sanità in un brand, come fosse moda e cibo. L’Europa e i paesi arabi devono sapere che Milano ti assiste, ti cura, ti salva la vita. I medici migliori, le apparecchiature più sofisticate. Non solo le vetrine di Montenapoleone e il food, ma anche ospedali con sale operatorie ad alta tecnologia e camere con massimo due letti per i malati. Personale che si prende cura del paziente straniero dall’aeroporto alla corsia e nei giorni di degenza. Assistenza, comfort e… coccole. “Così stanno arrivando i pazienti russi nei miei ospedali. Come in Germania, che incassa un miliardo e 200 milioni dai malati di Mosca che si fanno curare a Bonn, Berlino, Monaco”, dice Paolo Rotelli, 27 anni e 15 mila dipendenti, presidente di un gruppo sanitario che parte dal Policlinico San Donato e comprende anche San Raffaele e l’ortopedico Galeazzi: 18 ospedali, 11 pronto soccorso, 4 milioni di pazienti all’anno, quattromila medici.

 

Paolo Rotelli partecipa al Forum del Foglio con la voglia di spiegare la sua visione internazionale della sanità milanese e soprattutto della sua super azienda, ereditata dal padre, Giuseppe, scomparso prematuramente. “Da lui ho imparato tre cose: non fare quello che non ti piace, scegli persone oneste prima che competenti: la competenza s’impara, l’onestà è dentro di te. Terzo: rispetta le regole”. E Paolo Rotelli, che guida il Gruppo ospedaliero San Donato dal 2013, fa quello che gli piace. Si capisce. Snocciola numeri, analisi, strategie con competenza. C’è voglia di fare qualcosa di grande. Di incidere. Di contare. “Il Galeazzi nell’ex area Expo? Io sono pronto anche domani, ma qualcuno mi deve dire ‘parti’. E’ pronto ad acquistare Ieo-Monzino con l’imprenditore Rocca (Humanitas). La partita, interrotta alla prima manche per questioni finanziare, non è assolutamente finita. Anzi. “Sono anche pronto ad assumere medici, infermieri, amministrativi, ma mi mancano gli spazi. Troppa burocrazia. L’Italia è lenta. Tempi lunghi per un normale ampliamento. Vai a Dubai, e in una settimana hai tutti i permessi. Così anche negli Usa. Per fortuna è arrivato il sindaco Sala: con lui si lavora, libera energie; con Pisapia era più difficile: ci ha bocciato il trasferimento del Galeazzi a Turro. Oggi al San Raffaele sta nascendo un nuovo avveniristico padiglione, lo chiamiamo “l’iceberg” con 300 posti letto e 20 sale operatorie. Non si deve stare fermi”. Paolo Rotelli è un fiume in piena, lega il suo sapere alla grande opportunità che ha dato l’Expo a Milano. Prima per gli stranieri non esisteva, ora è stata riscoperta.

 

“Parigi e Brera hanno punti in comune, mostrano il 21esimo secolo. Ecco noi dobbiamo creare il 21esimo secolo della sanità. Vuol dire attenzione alla persona, non solo salute, e anche accoglienza. Il paziente non si deve sentire all’ospedale. Informazioni, gentilezza, condivisione. E poi, nei nuovi padiglioni che abbiamo già aperto: colori pastello alle pareti, pavimenti in ceramiche che sembrano parquet”. Curare è anche un servizio friendly alla persona. “Noi investiamo, ma ci sono problemi da risolvere”. Un siluro a Monti che ha ridotto la spesa sanitaria dell’uno per cento all’anno. Sono passati tre anni da quella decisione. Mentre aumenta del 2 per cento il bisogno di sanità degli italiani. Ecco il motivo per il quale – secondo Rotelli – ci sono le liste d’attesa: “La situazione è questa. Tre anni fa il 90 per cento del nostro fatturato era legato al Sistema sanitario nazionale, ora siamo all’82 per cento. Un 8 per cento che viene coperto dalle assicurazioni sanitarie. Un errore, ma la sanità andrà in quella direzione. L’Italia è il paese che ha la migliore aspettativa di vita dopo il Giappone. Si curano tutti, si assistono tutti. Non si fa come in Francia, tanto per fare un esempio, dove a una certa età, dopo gli 80 anni, non ti operano più per la cardiologia. In Italia non si dovrà mai mettere in discussione un intervento in base all’età. Il Policlinico San Donato opera gli 85enni e ha il più basso tasso di mortalità d’Italia. Ora ci sono meno soldi per pagare le persone che si vogliono curare. Costringere gli italiani ad assicurarsi è un errore. Noi siamo l’Italia. Ora si cerca di trovare una connessione tra gli ospedali e il territorio per ridurre le spese. Va bene, ma si risparmia poco. Nessuno può fermare l’aumento della richiesta sanitaria. La politica deve coprire il budget”. Comunque, la sanità privata si adegua. “Nell’ottica della riforma sanitaria regionale, stiamo aprendo dei poliambulatori dentro i centri commerciali: a Stezzano, a breve Orio Center, Milano City Life, Cantù. Sono le ‘Smart clinic’. Fai la spesa, ma se hai dei dubbi sulla tua salute con 39 euro entri nei nostri poliambulatori territoriali e fai una visita appropriata. Si fa prevenzione, se ci fosse qualcosa di serio vieni indirizzato nell’ospedale più vicino. E poi bisogna sfruttare la rete, far collaborare i medici con la tecnologia, abbassare i tempi d’intervento. Il mio gruppo fa tutto. E’ pronto. Certo guardiamo anche al di là delle Alpi e del Mediterraneo”.

 

Il Gruppo San Donato lavora con la Romania per i bambini cardiopatici, nei Paesi baltici con le università, in Russia con i pazienti di fascia alta, con i paesi arabi con i quali abbiamo creato rapporti forti soprattutto a Dubai. “Ma un imprenditore sanitario conta nel mondo soprattutto se fa ricerca. E noi con il San Raffaele siamo in testa. Non ci sono equivalenti per la ricerca. Siamo in linea con Harvard, superiamo i tedeschi. Investiamo 60 milioni di euro e tendiamo ad aumentare il budget.Con Telethon abbiamo prodotto Streamvelis, il primo farmaco europeo approvato per la terapia genica. Serve per curare l’ADA-SCID, una malattia genetica che obbliga i bambini a vivere in un ambiente protetto, in una bolla. Abbiamo 1.600 pubblicazioni all’anno e 8 mila punti di Impact factor. Noi crediamo nella ricerca scientifica. Ma vediamo un’ombra: ci mancheranno i post dottorandi nei laboratori. Stiamo lavorando con le università, la nostra del San Raffaele e la Statale, nei nostri laboratori ci sono giovani italiani rientrati dall’estero. I risultati sono eccellenti. Per questo volevamo comprare il Monzino, per sfruttare la ricerca anche in cardiologia: San Donato ha la casistica, il San Raffaele la terapia genica e apparecchiature fantastiche e se avessimo preso il Monzino avremmo chiuso il cerchio. Ma la partita non è finita. Acquistare, con Humanitas, Ieo e Monzino è ancora nei nostri programmi. Con alcuni non ci siamo capiti”, dice Paolo Rotelli, sorridendo. Con un fatturato consolidato di un miliardo e mezzo si può permettere di rilanciare.