Il flop
Vaccino Reithera, fine della corsa?
Mancano i fondi e lo Spallanzani si chiama fuori dalla fase due delle sperimentazioni. Breve parabola del "vaccino invitaliano"
Doveva essere il fiore all'occhiello tricolore nella campagna globale di immunizzazione. Invece il vaccino Reithera, dopo appena cinque mesi dall'annuncio, perde l'appoggio attivo del suo principale sponsor: come riportato da Rep questa mattina, l'Inmi Spallanzani di Roma ha infatti deciso di non contribuire alla fase due di sperimentazione del prodotto finanziato da Invitalia. L'allora commissario per l'emergenza Domenico Arcuri aveva promesso, attraverso l'agenzia nazionale di cui è amministratore delegato, un investimento complessivo da 81 milioni di denaro pubblico (di cui circa la metà a fondo perduto). Cifre che tuttavia non sono mai arrivate, perché ancora in attesa del via libera della Corte dei Conti, la cui mancanza porterebbe anche all'annullamento della decisiva fase tre. Quindi al naufragio definitivo del progetto.
Ma il blackout venuto a galla nelle ultime ore non è una sorpresa. Oltre i facili slogan "dell'autonomia vaccinale italiana", la questione Reithera ha suscitato grosse perplessità sin dalle prime battute. Il Foglio si era rivolto direttamente ad Arcuri, per capire come fosse stato possibile puntare tutto su un siero nuovo, basato su una tecnologia obsoleta - e con tutte le relative implicazioni in termini di efficacia, tempistiche e perfezionamento - anziché dotare il paese delle strutture necessarie per produrre internamente quei vaccini già esistenti e sicuri. Più dell'ex commissario, ha saputo rispondere il tempo. Anche perché, intanto, la pubblicazione dei dati annunciata dall'azienda di Castel Romano non è mai arrivata e gli stessi dubbi sollevati dal Foglio appena due giorni dopo la conferenza stampa di presentazione del progetto restano tutt'oggi non risolti.
Per il momento, la buona notizia è che lo stato ha risparmiato 81 milioni per un vaccino che, sulla base di quanto reso pubblico, funziona peggio di altri nell’indurre anticorpi protettivi. E tuttavia vale la pena domandarsi se l'investimento abbia ancora senso alla luce di almeno due fattori. Il primo è il ritardo che va accumulandosi e che ci fa avere la ragionevole certezza che, se e quando inizierà la fase 3, la campagna vaccinale italiana dovrebbe essere a buon punto. A maggior ragione durante il tempo che tale sperimentazione impiegherà. Il secondo è l'interruzione da parte dell'Unione europea del contratto con Astrazeneca, con cui Reithera condivide il fatto di essere un vaccino adenovirale: ha senso intraprendere un investimento verso questo tipo di farmaco in un momento in cui la stessa Ue ha deciso di poterne fare a meno perché ha a disposizione altre e migliori tecnologie? Reithera partiva già in ritardo prima, meglio non perda più tempo oggi.
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