Editoriali
25 milioni di grazie a George W. Bush per il suo piano contro l'Hiv
Il programma dell'ex presidente ha contribuito non solo a salvare vite ma anche a rafforzare i sistemi sanitari e così le democrazie. E ora ha ricevuto il plauso del New York Times
Negli ultimi 20 anni gli Stati Uniti hanno salvato 25 milioni di vite grazie ad un’iniziativa dell’ex presidente George W. Bush. Anche se quasi nessuno lo sa, quando Bush annunciò il programma d’emergenza del presidente contro l’Aids (Pepfar), nel 2003, meno di 50 mila persone affette da Hiv nell’Africa subsahariana avevano accesso alla terapia antiretrovirale. Oggi, a distanza di 20 anni, il programma è attivo in oltre 50 paesi e ha contribuito non solo a salvare vite, come ha riconosciuto ieri sul New York Times Nicholas Kristof, ma anche a rafforzare i sistemi sanitari di quei territori, le loro democrazie, ha sostenuto la crescita economica e fatto progredire i diritti umani.
La memoria della presidenza Bush viene spesso colorata a tinte fosche per via delle polemiche sull’Iraq e per quelle ragioni sono stati rimossi anche i successi oggettivi di quella presidenza e sono stati cancellati anche anni di scelte storiche che hanno fortemente contribuito ad arginare una delle epidemie più letali della storia. Le vite salvate non compensano quelle perse a causa della guerra, ovvio, ma attenzione a non prestare la giusta attenzione ad ogni aspetto della storia. Questo mancato riconoscimento a Bush potrebbe infatti disincentivare altri presidenti dal continuare ad investire in questa iniziativa mettendo a rischio il lavoro portato avanti negli ultimi 20 anni; così come potrebbe disincentivare l’avvio di altre iniziative simili in tema di salute globale. Ancora oggi l’Hiv continua a essere uno dei principali problemi di salute pubblica a livello globale avendo causato finora 40,1 milioni di vittime. Nel 2021, 650 mila persone sono morte per cause correlate all’Hiv e 1,5 milioni hanno contratto il virus. Grazie al crescente accesso a trattamenti efficaci, l’infezione è però diventata sempre più una condizione di salute cronica gestibile che consente alle persone di condurre una vita lunga in salute. Alla luce di questo la speranza è che gli Stati Uniti riprendano a finanziare questo programma lungimirante che, a fronte di investimenti per circa 110 miliardi di dollari in 20 anni, ha contribuito a salvare la vita di così tante persone.
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