Su Marte l'Esa ha individuato la pista d'atterraggio ideale per il modulo Schiaparelli
È una pianura deserta, quella fotografata dall’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Una lunga striscia di sabbia e roccia: la pista d’atterraggio perfetta per il modulo Schiaparelli che il prossimo 19 ottobre toccherà il suolo di Marte. Sarà il primo tentativo di atterraggio di un vettore spaziale europeo sul pianeta rosso sin dal 2003, quando fallì la missione del modulo Beagle 2. Conosciuta come Piano Meridiani, questa zona di Marte è relativamente piatta e piuttosto sicura come possibile area di sbarco, tanto che il rover Opportunity della Nasa è atterrato proprio qui nel 2004. La regione è stata ben studiata dall’apparecchio in orbita e sembra evidente che una volta vi fosse un lago: sono presenti sedimenti argillosi e solfati probabilmente formatisi in presenza di acqua e si intravedono le tracce di numerosi canali scavati dal suo scorrere.
Anche se il modulo Schiaparelli è stato progettato principalmente per testare l'ingresso in orbita, la discesa e l’atterraggio, trasporta comunque un discreto numero di sensori. Il vettore diventerà una stazione meteorologica marziana, progettata per restituirci informazioni chiave su come prendono avvio le tempeste di polvere che fagocitano il pianeta ogni primavera. Dovrà lavorare velocemente: non ha pannelli solari e si affida solo a una batteria, che durerà tra i due e gli otto giorni marziani (chiamati Sols). La “nave madre" di Schiaparelli è il Trace Gas Orbiter, lanciata il 14 marzo 2016, che entrerà nell’orbita marziana in ottobre per iniziare uno studio completo dell'atmosfera del pianeta che durerà almeno fino al 2022.
Il modulo Esa Schiaparelli (foto Esa)
Negli ultimi decenni la Nasa è stata piuttosto prudente circa le sue ricerche di vita su Marte: si è scelto di concentrarsi soprattutto sulla ricerca di prove della presenza d’acqua sia nel presente sia nel passato del pianeta rosso, nel tentativo di valutare l’abitabilità del pianeta. Il programma ExoMars dell'Essa è più audace sul fronte della ricerca attiva di prove di vita. Indagine chiave per il Trace Gas Orbiter è la ricerca di metano nell'atmosfera, che sulla Terra è prodotta principalmente da organismi viventi. Nel 2003 e nel 2006, sono state rilevate concentrazioni di metano in tre regioni specifiche di Marte e si è supposto che provenissero da microrganismi che vivono sotto la superficie del pianeta. Una missione ancora più ambiziosa è prevista per il 2020, quando l'Esa progetta di lanciare ExoMars, il primo rover non americano sul pianeta rosso, che cercherà "biomarcatori", ovvero molecole prodotte da processi biologici che potrebbero rivelare l'origine, l'evoluzione e la distribuzione di ogni forma di vita su Marte.
Infografica sull'atterraggio del modulo Schiaparelli (foto Esa)
Ma i finanziamenti per questa missione non sono ancora del tutto sicuro. In origine, il progetto ExoMars doveva essere realizzato in collaborazione con la Nasa, che si è tirata fuori dal programma nel 2012, mettendolo in un limbo. L’Agenzia europea ha poi raggiunto un accordo con quella russa agenzia RosCosmos. L’atterraggio su Marte è notoriamente difficile a causa della sua atmosfera rarefatta. i paracadute hanno un effetto limitato e quindi si è dovuto pensare ad altri sistemi come retrorazzi o airbag per attutire l’impatto finale. Un sistema simile è stato utilizzato dall’ESA per l'atterraggio di Beagle 2.
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