(immagine di Stefan Lins via Flickr)

Un Foglio internazionale

Le isole del Pacifico non stanno sparendo

Redazione
“E’ vero che circa un terzo della popolazione delle Marshall Islands si è trasferita negli Stati Uniti, ma per ragioni più mondane del climate change. Nel suo rapporto sullo stato dei diritti umani nell’isola, il Dipartimento di stato americano sostiene che tra i gravi problemi vanno inclusi ‘corruzione pubblica cronica e violenza domestica cronica’".

Almeno una volta all’anno i giornalisti delle principali testate planetarie si recano nelle Marshall Islands, una catena di isole vulcaniche e atolli di corallo nell’Oceano pacifico, per scrivere con toni da fine del mondo che quel piccolo paese sta scomparendo a causa del riscaldamento climatico”. Inizia così l’ultimo intervento di Bjorn Lomborg, l’ormai noto “ambientalista scettico”, pubblicato sul quotidiano americano Wall Street Journal. “Tuttavia le ultime ricerche dimostrano che questo non è l’intero quadro della situazione, né è accurato. Dire ciò non equivale ad affermare che il global warming non esiste, o che i leader mondiali e gli scienziati non debbano occuparsi delle conseguenze negative del climate change, ma le montature e le esagerazioni non servono a nessuno. Utilizzando alcune serie storiche di fotografi aree e immagini satellitari ad alta risoluzione, gli scienziati Murray Ford e Paul Kench dell’Università di Auckland hanno analizzato di recente i mutamenti dell’andamento della costa di sei atolli e due isole dell’arcipelago delle Marshall Islands.

 

Questo studio, sottoposto a peer-review, pubblicato nel settembre 2015 dalla rivista Anthropocene, ha dimostrato che dalla metà del Ventesimo secolo la superficie delle isole in realtà è cresciuta”. I coralli erosi dall’oceano, infatti, sono trascinati a riva in maniera più corposa e rapida di quanto non accada alla terra trascinata invece via dalle acque. E questo non vale soltanto per le Marshall Islands. Un altro studio del 2010 ha dimostrato che di 27 isole del Pacifico, il 14 per cento ha visto calare la propria superficie, mentre il 43 di tali isole per cento ha visto aumentare la stessa.

 

Come spiegare allora le lamentele della stessa leadership delle Marshall Islands? Risponde Lomborg: “E’ vero che circa un terzo della popolazione del piccolo stato si è trasferita negli Stati Uniti, ma per ragioni più mondane del climate change. Il 52,7 per cento della popolazione del posto vive infatti sotto la soglia di povertà, secondo i dati della Asian Development Bank. Soltanto il 39,3 per cento degli abitanti con più di 15 anni ha un lavoro. Nel suo rapporto sullo stato dei diritti umani nell’isola, il Dipartimento di stato americano sostiene che tra i gravi problemi vanno inclusi ‘corruzione pubblica cronica e violenza domestica cronica’, insieme con ‘abusi diffusi sui minori, schiavismo sessuale e carenza di protezione dei diritti dei lavoratori’. Se a ciò si aggiunge che i cittadini delle Isole Marshall godono di un canale preferenziale per immigrare in America”, ecco spiegata l’emigrazione di massa.

 

“E’ comprensibile che i leader politici delle Marshall Islands preferiscano parlare di global warming. Ma dare la colpa dell’emigrazione attuale all’innalzamento del livello dei mari non sarà utile a nessuno”. Senza contare che un dibattito urlato ed emotivo, conclude Lomborg, non aiuta nemmeno ad affrontare seriamente le conseguenze del riscaldamento climatico.       

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