Sulla malaria, allarmi e sciacalli
L’orrido approccio da bar di chi gioca con “l’epidemia di malaria” a Trento
La morte della bambina infettata da malaria naturalmente suscita preoccupazione e sconcerto. La scienza non è in grado di identificare le cause del contagio, il che dovrebbe spingere a cercare più a fondo, non a inventare risposte prefabbricate. La campagna scatenata da alcuni giornali di destra sugli immigrati che portano le malattie è insopportabile.
Che la malaria sia endemica in alcune zone dell’Africa, mentre è stata debellata in Europa è un fatto, ma è un fatto accertato anche che non esiste contagio tra persone e che la zanzara anofele non si riproduce e vive solo 20 giorni. E’ proprio questo a rendere misterioso l’evento luttuoso di Brescia, a rendere indispensabile una ricerca minuziosa ma non certo superficiale delle cause.
La scienza non arriva sempre a dare tutte le risposte, ma di sicuro quelle della propaganda non sono risposte attendibili ma basse strumentalizzazioni di una tragedia. Si può discutere di immigrazione, delle forme di integrazione, delle esigenze di maggiori controlli sanitari, a tutela prima di tutto proprio degli immigrati, ma tutte le opinioni e le proposte dovrebbero rispettare un criterio minimo di oggettività e, se è ancora permesso dirlo, di civiltà. Non si tratta di aderire al dogma cosiddetto umanitario, che finisce con l’agevolare oggettivamente i traffici indegni degli scafisti, ma di affrontare i problemi con un atteggiamento razionale, con l’obiettivo di governarli e non di trasformarli in temi di contrapposizione con tratti visibili di fanatismo e di razzismo.
Evocare la paura del contagio, quando fortunatamente non esiste, solo per creare altra tensione e altra preoccupazione non solo non serve ad affrontare i problemi, tende ad aggravarli, a renderli insolubili. E’ particolarmente grave diffondere veleni di questo genere su tematiche sanitarie, terreno delicatissimo che per sua natura tende a suscitare allarme, che già vede scorrazzare le tribù dei no-vax. Fa una certa impressione che testate e giornalisti che sono così poco interessati a contrastare il rischio, reale, dell’epidemia di morbillo, agitino invece lo spettro del pericolo inesistente di un’imminente epidemia di malaria. Senza tener conto delle evidenze scientifiche né in un caso né nell’altro.