Guardate all’indice di Borsa o al primo pollice che spinge su una siringa per iniettare il candidato vaccino dello Spallanzani contro Sars-Cov-2. Guardate alle aspettative dei governi, del mondo, dei mercati, su una cura che ci faccia uscire dalla nuova paura e troverete una centralità inaspettata nell’industria farmaceutica italiana ed europea. Non è questione di nazionalismo o di folle autarchia farmaceutica, perché tra le grandi multinazionali, quelle medie, le piccole aziende specialistiche, i poli di ricerca, c’è una forte integrazione capace di superare i confini e allo stesso tempo di valorizzare i luoghi di eccellenza per produzione e sviluppo. E’ un sistema integrato in cui la parte italiana, proprio grazie all’apertura del mercato e alla circolazione delle informazioni, riesce a portare un fatturato crescente da anni. Mentre nuove frontiere si stanno aprendo. Il caso dello Spallanzani e della sperimentazione avviata ora con i test su persone di un anticorpo monoclonale, base di quella che è terapia e insieme cura preventiva contro il nuovo coronavirus, rappresenta il punto avanzato dell’innovazione farmaceutica e terapeutica in corso.
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