editoriali
Le cattiva lezione di Parisi sul clima
Caro prof., i paesi che inquinano di più non sono quelli ossessionati dal pil
I premi Nobel sono spesso come le rockstar. Una volta vinta la lotteria della notorietà per meriti evidenti in una certa materia vengono scambiati per tuttologi in grado di dispensare consigli e pareri su qualsiasi aspetto dello scibile umano. Alcuni, i più saggi, riescono a sottrarsi a questa giostra facendo presente che il fatto che sappiano tutto sulle particelle elementari non li rende automaticamente competenti sulla diffusione dei virus o sui comportamenti sessuali dei pinguini. Altri invece finiscono per crederci, non resistono, e la vanità vince sul riserbo. In Italia poi si aggiunge l’abitudine di affidare a emeriti professori incarichi gestionali per i quali sono evidentemente non predisposti.
Il recente premio Nobel italiano per la Fisica, Giorgio Parisi, di cui pubblichiamo oggi sul Foglio un intervento molto bello sui temi in cui è forte, si è incamminato velocemente su questa strada. Prima mettendosi in competizione con medici specialisti sulla lettura della pandemia e ora impartendo lezioni di economia. Lo ha fatto ieri alla Camera, intervenendo nell’ambito di un dibattito sul cambiamento climatico, e sbagliando nel metodo e nel merito e finendo per passare per un teorico della decrescita. In particolare ha sostenuto che la crescita del pil sarebbe nemica dell’ambiente, dimenticando completamente che i paesi che oggi inquinano di più sono quelli con pil più bassi e quindi con tecnologie inquinanti. Mentre quelli che stanno diminuendo le loro emissioni sono i paesi più ricchi. Caro prof., come lei ben sa la realtà è piuttosto complessa e le semplificazioni spesso la banalizzano. Passerebbe mai per la testa a Draghi, impegnato a far crescere il paese, di tenere una lectio sulla Fisica quantistica? Naturalmente no. Grazie dell’attenzione, con rispetto e simpatia.
cattivi scienziati
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