Valutare si può e si deve, caro Scurati
Chiedere efficienza produttiva nelle università non è una bestemmia
Antonio Scurati ha scritto sul Corriere un articolo appassionato in cui denuncia la morte dell’Università, “strangolata” dalla “valutazione” e dalla burocrazia. Cita un documento firmato da duecento docenti universitari che lamentano come la funzione del docente universitario si stia trasformando in quella di un passacarte che deve rispondere a questionari più o meno cervellotici volti alla valutazione degli studenti. Probabilmente visto che sono troppi gli enti che si occupano di questa materia, gli adempimenti richiesti sono troppo numerosi e ripetitivi.
Che serva uno snellimento delle incombenze burocratiche è evidente. Ma considerare la valutazione un male in sé, invece, è più che una esagerazione: è un errore. Scurati dice che “noi docenti siamo pienamente consci che questo presunto sistema di valutazione oggettivo della conoscenza prodotta e di quella trasmessa è una colossale menzogna”. Un conto è migliorare i sistemi di controllo dell’efficienza produttiva delle università, un altro è rifiutare che anche l’università sia parte di un sistema al quale fornisce ricerca cultura e formazione, e che quindi debba farlo in modo produttivo. Per Scurati sembra che lo stesso concetto di efficienza produttiva sia una bestemmia, il che rimanda alle tesi della estraneità della cultura alla società e all’economia reali. Nessuno confonde le aule universitarie con le catene di montaggio, la produttività culturale non si misura come quella di un’azienda, ma resta il fatto che l’investimento che si fa in quel settore debba dare frutti, culturali, civili formativi, che concorrono a quella che si chiamava “la ricchezza delle nazioni”. Per questo un sistema di valutazione è necessario e se quello che c’è non funziona bisognerebbe che i docenti ne suggerissero uno migliore, altrimenti danno la sensazione di volersi sottrarre a qualsiasi valutazione. Gli studenti debbono essere valutati. E i docenti? Dire che la ricerca è libera secondo Costituzione è una banalità, se non altro per il fatto che chi la si svolge in una istituzione e a spese pubbliche deve corrispondere alle regole di quell’istituzione che possono e devono essere migliorate, non ignorate o demonizzate.
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