Una scuola pronta per la “fase 3”
Il problema non è riaprire ora ma investire, e tanto, per settembre. Strutture e idee
Emmanuel Macron ha annunciato: “A partire dall’11 maggio riapriremo progressivamente gli asili, le scuole e i licei”. Cauto, il ministro della Pubblica istruzione, Jean-Michel Blanquer, ha spiegato che le classi dovranno essere sfoltite e con un orario di lezioni inferiore. Angela Merkel, all’interno di un piano preciso e pragmatico, ha annunciato che le scuole in Germania riapriranno, gradualmente, dal 4 di maggio, inizialmente solo le classi che devono conseguire un diploma. Ogni paese predispone la modalità di riapertura delle scuole in base alle proprie condizioni e con le scelte più razionali possibili, e anche l’Italia si deve misurare con le une e le altre. Ma il governo italiano ancora procede con un balletto inutile di date sempre più improbabili. La ministra Lucia Azzolina ancora si riserva l’ultima parola su come chiudere l’Anno scolastico 2019-2020 (è già chiuso, dice la logica), specificando che “si atterrà come sempre” agli scienziati e ha istituito un “tavolo tecnico” (in ritardo, va detto). La viceministra Anna Ascani ha precisato che “riaprire le scuole è un rischio e noi questo non ce lo possiamo permettere”, servono condizioni di sicurezza. Che però al momento non ci sono e nulla fa pensare, a giudicare dalla stasi operativa, che ci saranno a settembre.
Questo è il vero, gravissimo problema. Non la data degli esami di maturità. Sarebbe utile decidere. Ad esempio cominciando a pensare alla scuola come a una fase 3 per il nostro paese. A settembre. E nel frattempo trovare molte risorse da investire e non gli striminziti 85 milioni rosicchiati per ora. Per dotare davvero tutte le scuole e gli studenti di sistemi digitali per affrontare la didattica a distanza, che verosimilmente non verrà abbandonata molto presto. Per mettere in sicurezza le strutture – serviranno più aule con meno studenti, divisori e percorsi di accesso contingentati e limitati, ancor di più per le mense. Servirà predisporre calendari che dovranno prevedere doppi turni, alternanza tra didattica in presenza e didattica a distanza, orari di ingresso differenziati, più scuolabus e, realisticamente, più insegnanti. Il problema non è quando aprire, ma come. E’ il tempo per iniziare a investire davvero nel nostro sistema di istruzione.
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