La scuola è ripartita, per ora con i corsi di recupero, in mezzo a un mare di difficoltà. C’è la questione dei docenti “fragili”, cioè in condizioni di salute che li espongono potenzialmente a effetti pesanti in caso di contagio, c’è il problema delle aule e dei banchi, c’è persino una polemica degli ambientalisti contro le mascherine chirurgiche, che contengono plastica, a differenza delle altre, considerate però meno sicure. Non si sa quanti saranno alla fine gli insegnanti che chiederanno al medico di essere dichiarati inidonei al servizio, e di conseguenza l’assunzione dei supplenti, che pare complicata, oltretutto, da pasticci informatici nella compilazione delle graduatorie. Tra una decina di giorni, con l’inizio dei corsi regolari nelle regioni del centro-nord (quelle meridionali in maggioranza preferiscono rinviare di altre due settimane) si vedrà che cosa funziona e cosa no. Si tratta di una sfida difficile, che richiede la collaborazione leale e lo sforzo individuale di tutti, dall’interno e dall’esterno del sistema scolastico, e un pizzico, forse più di un pizzico, di fortuna. Ci sarà tempo dopo di valutare le decisioni adottate alla luce dell’esperienza concreta, eventualmente sottoponendo a critiche anche severe eventuali mancanze o errori. Oggi però è indispensabile uno spirito di collaborazione, anche per evitare che nelle famiglie, giustamente preoccupate, si diffonda una paura paralizzante.
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