Editoriali
La grande incognita della scuola
Riparte l’anno e, green pass a parte, il governo non ha fatto granché
Sta per ripartire l’anno scolastico e la sensazione è che ci siano ancora molta confusione e disorganizzazione. In primo luogo per quanto riguarda i trasporti, soprattutto quelli locali, che non sono stati potenziati a sufficienza. Una possibile soluzione è quella di valutare ingressi scaglionati per evitare assembramenti e sovraffollamento sui mezzi pubblici. Ovviamente ciò provocherà disagi che si sommeranno a quelli, soprattutto all’inizio, per l’adozione del green pass. Attualmente il personale scolastico vaccinato è circa il 90 per cento, ma in alcune regioni il personale non vaccinato supera il 30 cento, per un totale di circa 140 mila lavoratori. Una piccola quota di queste persone sarà, dietro apposita certificazione, esentata per ragioni mediche dal green pass; un’altra parte sarà guarita da meno di sei mesi e quindi in linea con le nuove norme; un’altra parte potrebbe ricorrere al tampone. Ciò vuol dire che non si sa ancora quanto personale sarà sospeso perché privo di green pass e quindi da sostituire. Questo comporterà problemi di organizzazione del lavoro, perché le assenze si scopriranno all’ultimo minuto e non è chiaro come andranno gestite le sospensioni e le supplenze. Si tratta, in questo caso, di problemi inevitabili, che sarebbero accaduti anche con l’obbligo vaccinale: anche in quel caso si sarebbero scoperti gli inadempienti solo all’ultimo minuto e non ci sarebbe stata neppure l’alternativa del tampone per i ritardatari del vaccino. Più problematica, e incoerente, è invece la decisione di non estendere il green pass al personale esterno: se frequentano gli istituti durante l’orario scolastico dovrebbero rispettare le medesime regole del personale scolastico. Sulla scuola il governo si gioca buona parte della sua reputazione, eppure sembra il settore dove meno si è vista la sua azione riformatrice. Le famiglie italiane si attendono un cambiamento sostanziale. Sarà difficile, dopo un anno e mezzo dallo scoppio dell’epidemia, per il governo rispondere che non c’è stato tempo o che non si poteva fare di meglio.