Editoriali
La scuola in decrescita
Un milione di studenti in meno in 10 anni. Servono idee, non populismo
Secondo il Sole 24 Ore, sono 7 milioni e 300 mila gli allievi di ogni ordine e grado tornati in classe ieri. Nel 2021 erano 7 milioni e 500 mila, 200 mila in più. Secondo i calcoli del quotidiano nei dieci anni passati la diminuzione della popolazione scolastica è stata di un milione. La riduzione è per ora avvertita nelle scuole per l’infanzia e nelle primarie, in quanto dovuta al calo demografico. Ma tra pochi anni, meno di cinque, incomincerà a interessare anche le medie superiori. Significa, nel giro di pochi anni, perdere circa diecimila classi. Secondo il Sole, che fa riferimento a dati del Mef, la scuola perderà nei prossimi dieci anni un ulteriore milione e 400 mila allievi e la riduzione delle cattedre riguarderà almeno 126 mila docenti. Il problema di rimodellare l’intero sistema – plessi scolastici e personale – sulla riduzione dell’utenza non è rimandabile alle calende.
La consapevolezza, spiega il Sole, è rintracciabile in una norma del recente dl 36 per il riordino della scuola che prevede incrementi retributivi per i docenti che seguiranno i nuovi percorsi di formazione: a finanziarli saranno anche i tagli al numero dei docenti in sovrannumero – 9.600 in cinque anni, non un’enormità, anche se l’idea ha scatenato la contrarietà dei sindacati. Eppure il tema di come prepararsi a un mutamento epocale nella più grande istituzione di massa del nostro paese è urgente e complesso, non riducibile a una questione di “posti” da tutelare. Chi oggi parla delle classi pollaio come unica emergenza dovrebbe considerare che già si stanno fisiologicamente riducendo, dall’1,3 all’1 per cento. Tra qualche anno ci saranno classi da riempire o plessi cui cambiare destinazione d’uso (specialmente nelle famose “aree interne” e del sud). E ci sarà il problema non tanto di docenti “perdenti posto” – basterà chiudere il rubinetto dei precari: avvertite i sindacati – ma da trasferire di sede o da riconvertire in mansioni differenti. Anche per questo servono già ora docenti più giovani, meglio preparati (e valutati) e meglio retribuiti. Saranno di meno, ma migliori.