editoriali

Prof senza valorizzazione

Redazione

Il famoso fondo premiale non è mai partito: meglio spiccioli a pioggia a tutti

Ma agli insegnanti vuole più bene il ministero dell’Istruzione o il sindacato? Viene da chiederselo apprendendo l’ultima peripezia del “fondo per la valorizzazione della professionalità” dei docenti. Era stato istituito nel 2018, benché affidandogli cifre quasi simboliche: valorizzazione di sicuro, ma praticamente senza fondi. Per quanto scatola semivuota, fortunatamente il fondo era rimasto in vigore; nelle intenzioni del legislatore, doveva servire come incentivo e riconoscimento per quegli insegnanti impiegati in istituti a elevato tasso di dispersione scolastica, povertà o rischio.

 

La buona notizia è che la legge di Bilancio 2022 ha incrementato le risorse destinate al fondo, elevandole a 300 milioni. Quella cattiva è che i sindacati hanno invece richiesto al ministro Patrizio Bianchi di reindirizzare la somma dal fondo per la valorizzazione al ritocco del contratto nazionale della scuola. Considerato che gli insegnanti in Italia sono 700 mila, si tratterebbe di un finanziamento a pioggia inferiore a cinquecento euro ciascuno, meritevoli o meno. Non c’è bisogno di avere infiltrati nei collegi docenti per sapere che la maggioranza degli insegnanti è sempre stata critica rispetto all’introduzione di premi al merito: un po’ per l’infondato sospetto che i presidi potessero elargirli a vassalli, valvassori e valvassini; un po’ perché gli stipendi sono bassi e qualche soldo in più non guasta.

  

La questione tuttavia è identitaria prima ancora che monetaria. L’istituzione del fondo mirato presuppone che in alcuni contesti la scuola serva di più (o funzioni meglio); al contrario, la distribuzione uniforme del denaro sottintende che una scuola valga l’altra e gli insegnanti pure. Sono passati sei anni e mezzo da che era stata annunciata la creazione di un primissimo salvadanaio destinato a premiare docenti meritevoli: era il marzo 2016 e l’allora ministro Stefania Giannini lo annunciò come foriero di un “cambiamento culturale importante”. Un cambiamento che, evidentemente, non si è verificato.