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Un ottimo antidoto

Perché le poesie a memoria sono molto meglio dell'educazione affettiva

Tommaso Tuppini

Sentimenti trascritti, chiari ed eterni. La nuova materia serve per insegnare agli studenti a riconoscere e governare le emozioni, cancellando in questo modo il bullismo, comportamenti sessisti e discriminatori. In favore di una cultura del consenso e del rispetto

L’idea che a scuola si tornino a imparare le poesie a memoria, se andasse in porto, sarebbe il provvedimento più rivoluzionario della storia repubblicana dopo il divieto del governo Conte di fare le gite extramoenia a Pasquetta. Una cosa è rivoluzionaria se fa diga contro la marea montante dell’idiozia e, da questo punto di vista, l’amnesia culturale di cui in Italia soffrono le generazioni con meno di ottanta anni è altrettanto pericolosa delle cinquantotto milioni di cavallette che ogni Lunedì dell’Angelo si sentono in dovere di divorare toast en plein air. Un vantaggio non dei più trascurabili è che le poesie a memoria potrebbero mandare in fumo la proposta di introdurre l’educazione affettiva nelle scuole. Prima di vedere il perché, cerchiamo di capire cosa diamine dovrebbe essere l’educazione affettiva. 

 

             

La nuova materia serve in teoria per insegnare agli studenti a riconoscere e governare le emozioni, cancellando in questo modo il bullismo e altre nequizie, tipo i comportamenti sessisti e discriminatori, favorendo la cultura del consenso e il rispetto. La dovrebbero erogare – oggi si dice così, come la benzina – gli insegnanti con formazione specifica in psicologia e pedagogia, quelli che negli ultimi decenni hanno occupato manu militari i curricoli scolastici, dove ormai è un continuo fiorire di competenze interculturali, soft skills, inclusività, resilienze, cittadinanze attive e state buoni se potete, qualsiasi cosa pur di non studiare. Imporre anche l’educazione affettiva sarebbe una beffa che si aggiunge al danno. La ragione più ovvia l’ha spiegata in tempi non sospetti Antonio Gurrado: in che modo può la scuola preparare alle sottigliezze della vita sentimentale quando non è capace di preparare a una cosa così banale come l’università? L’educazione affettiva assomiglia alle accademie di scrittura che vogliono ridurre tutto a questioni tecniche: evitate “era il 1992” ma fate dire a un personaggio “accendi MTV, stanno passando Smells Like Teen Spirit!” che nel nostro caso diventerebbe: non dite “ti amo” alla persona che vi piace perché potreste urtarla. Offrite invece un biscotto commentando: “I carboidrati migliorano l’umore”

 

                    

 

Il fatto è che, da che mondo è mondo, uno si educa affettivamente da solo, andando a sbattere il muso contro l’indifferenza degli altri e prendendosi i due di picche. Non ci sono alternative, si impara ad andare in bicicletta andando in bicicletta, cioè cadendo e sbucciandosi le ginocchia, non c’è un metodo per ogni cosa, come invece è convinta la congrega degli psicologi e dei pedagogisti. E se uno non accetta di essere rimbalzato? Se reagisce male? Vi do una notizia: i poveri li avremo sempre con noi e anche i deboli, quelli che se gli hanno detto no si deprimono incredibilmente, e un paio di loro vanno fuori di testa. Gli unici posti dove non succede mai e tutto fila liscio come l’olio sono Disneyland e i campi di concentramento.

Se ci è rimasto un lumicino di buon senso, capiamo che l’intelligenza della poesia è un ottimo antidoto all’idiozia dell’educazione affettiva, oltre a essere più utile. Lo diceva anche Italo Calvino in un’intervista che si trova facilmente su YouTube: la scuola del Duemila dovrebbe far imparare versi a memoria, tanti, più che si può, perché – continua con la sua geniale semplicità – tutto quello che abbiamo può esserci tolto da un momento all’altro ma non le poesie, che ci faranno sempre compagnia. Quando uno si becca l’ennesimo “vaffa” dalla bellona della classe la cosa migliore che può fare è leggersi Il rosso e il nero di Stendhal. Però un romanzo è lungo, ci vuole tempo, e magari non lo abbiamo sottomano. Invece A Silvia, se l’abbiamo mandata a memoria, è lì a disposizione, ce la portiamo dentro

I sentimenti vissuti sono volubili e mollicci, alle volte sono travolgenti come il fango, rischiano di annegarci e per stare a galla serve una notevole forza d’animo, che però è come il coraggio: se uno non ce l’ha o non la trova per i fatti suoi, non gliela possono insegnare. I sentimenti trascritti dentro una poesia, invece, sono a disposizione di chiunque, sono chiari e duri come il cristallo e ci proteggono dalle buriane della vita perché sono eterni. Invece di arrabattarsi in improbabili educazioni affettive la scuola ha il potere di trasmettere agli studenti qualche frammento di eternità che è come uno scoglio dentro il mare burrascoso e noi, le cozze, troviamo finalmente un posto per aggrapparci. Alla scuola non si può chiedere di più, né di meglio.
 

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