Le grottesche accuse all'orco Bush
La denuncia all’ex presidente mostra i rischi dell’isteria post Weinstein
Quando la rabbia femminile nei confronti dell’orco viene indirizzata contro un novantatreenne con il Parkinson che da anni è sulla sedia a rotelle si capisce perché certe campagne virali del genere #metoo siano destinate a finire nel grottesco. E lasciamo perdere che in questo caso si tratti di un ex presidente degli Stati Uniti, marchio che da Kennedy a Clinton e infine a Trump porta il segno dell’infamia sessuale, il contrario della rassicurante proiezione di paterna autorevolezza che dovrebbe promanare dall’ufficio presidenziale. Il predatore in questione è George H.W. Bush, quarantunesimo presidente e immagine di un’America hopperiana e protestante che non c’è più, e i fatti contestati non risalgono ai tempi in cui era un giovane aitante, ma al 2014, quando sulla sedia a rotelle si dedicava, di tanto in tanto, a photo opportunity con ospiti più o meno celebri.
Due giovani attrici lo hanno accusato di aver messo loro una mano sul di dietro approfittando della sua posizione di vantaggio mentre il fotografo ufficiale diceva “cheese”. Considerato il clima, i consiglieri di Bush hanno dovuto optare per una dichiarazione difensiva in cui ammettono che, per via dell’altezza a cui le mani finiscono per ritrovarsi, il presidente ha effettivamente sfiorato alcune donne in luoghi inappropriati, ma non c’era alcuna malizia. Ma vallo a spiegare alla folla inferocita che ha weinsteinizzato senza appello il maschio globale. La voce della ragionevolezza fortunatamente non è stata del tutto soffocata. Invece di aggiungere il suo #metoo, la giornalista Andrea Mitchell ha deciso di dire la verità sullo sciacallaggio in corso: “Qualcuno dovrebbe vergognarsi, e non si tratta di Bush”.