Gesù, Maria e Maometto
La sentenza di Strasburgo e la disparità di trattamento delle religioni
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha difeso l'uso dei simboli religiosi nelle pubblicità e ha condannato la Lituania per che aveva multato un'azienda che si era servita di Gesù e Maria per vendere vestiti. Secondo i giudici, la multa inflitta per aver “offeso la morale pubblica” ha violato il diritto alla libertà d'espressione.
Nella sentenza di Strasburgo si legge che la Corte ritiene che “la libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica”. Essa, inoltre, “si estende a idee che scioccano, offendono o disturbano”.
Come non essere d'accordo? Tuttavia, c'è un ma. E quel ma è l'islam. È la disparità di trattamento che le autorità europee, centrali e nazionali, riservano alla religione del Profeta rispetto al cristianesimo.
Quanti sono i giornalisti e gli scrittori mandati a processo per lesa “islamofobia” in cause accettate da magistrati sempre proni all'antirazzismo militante? Quante le élite che mordono il cristianesimo e ammansiscono l'islam?
Il secolarismo non può essere una tigre che tira fuori le unghie per de-cristianizzare e accanirsi sul giudeo-cristianesimo ma che si compiace di difendere la “sensibilità” dei musulmani. Nel tempo dell'assalto mortale a Charlie Hebdo e ad altri “disturbatori” della pace multiculturale, la sentenza di Strasburgo suona come un inutile espediente retorico in difesa di una laicità che, quando finisce sotto lo scacco dei taglialingue, è rapidamente dimenticata.