I Simpson contro il politicamente corretto
Alle accuse di “stereotipi” rispondono con una beata pernacchia
L’8 aprile è andato in onda negli Stati Uniti “No Good Read Goes Unpunished”, il quindicesimo episodio della nuova stagione dei Simpson. E non poteva che finire con un cazzotto al politicamente corretto, considerando che il celebre cartone era stato attaccato dal documentario “Il problema con Apu”. In quest’ultimo, il comico di origini indiane Hari Kondabolu aveva parlato di stereotipi, secondo lui “offensivi” e “razzisti”, con cui i Simpson avrebbero rappresentato il personaggio di Apu, un immigrato indiano che possiede un supermercato, che ha una famiglia numerosa e un accento bizzarro (fatto da un attore non indiano). Così nel nuovo episodio, Lisa si rivolge agli spettatori e dice: “Qualcosa che quando iniziò decenni fa era apprezzato e considerato non offensivo, ora è ritenuto politicamente scorretto. Cosa ci possiamo fare?”. E intanto si vede sul suo comodino una fotografia di Apu, con una dedica a Lisa scritta da lui: “Non mangiare una mucca, Apu”. Non l’ha presa bene Kondabolu, l’autore del documentario: “Mi piacevano davvero i Simpson. E’ triste”. No, i Simpson sono sempre gli stessi anarchici esilaranti.
A essere triste è lo stato di una parte della cultura popolare americana che sembra uscita ormai da uno di quei manicomi accademici dove si parla con termini neutrali al gender, non si può dire più niente, c’è una lista di libri proibiti e il più grande stigma al mondo ormai è essere bianchi.