Il #metoo e i suicidi. Vogliamo parlarne?
L'ultimo caso è quello della cantante svedese Anne Sofie von Otter. Il panico globale intorno agli abusi e l’impatto sulla giustizia
"Il #metoo è una delle ragioni che hanno spinto quattro persone a uccidersi. Sentivano che questo movimento sempre più isterico aveva reso le loro vite irrecuperabili. Quando cominceremo a parlarne?”, scrive Brendan O’Neill su Spiked. La scorsa settimana, la cantante svedese Anne Sofie von Otter lo ha fatto. Suo marito Benny Fredriksson, che è stato per anni il capo del Kulturhuset Stadsteatern, il centro delle arti di Stoccolma, è stato accusato alla fine dello scorso anno di cattiva condotta sessuale e bullismo, di aver costretto molte attrici a spogliarsi per lui e di aver obbligato una sua dipendente ad abortire. Nessuna indagine, però, ha provato la sua colpevolezza. La stampa svedese, spesso basandosi su accuse anonime, ha scritto di lui che era un predatore sessuale. E’ stato soprannominato “Piccolo Hitler”. Ha perso il lavoro, la carriera, la reputazione. A marzo si è ucciso. Von Otter ha raccontato alla Zeit come fosse sprofondato nella depressione, ha detto che la campagna mediatica contro di lui lo ha dipinto come un assassino. Per lei, il #metoo ha alimentato un pensiero omologato che sta soffocando quello libero e indipendente, rendendo sempre più difficile ottenere giustizia e dimostrare la verità. La voce di von Otter è importante. Questo panico globale intorno agli abusi e alle molestie ha avuto un impatto molto dannoso sul modo in cui si pensa alla giustizia e ha creato un clima tale per cui gli uomini vivono nell’angoscia di venire denunciati su internet, di perdere il lavoro a causa di accuse mai verificate. L’idea che si è innocenti fino a prova contraria è stata rovinosamente indebolita e ha incoraggiato quella per la quale una donna che denuncia un abuso è una prova definitiva. In molti hanno sofferto e pagato le conseguenze di questa distorsione. Oltre a Benny Fredriksson, c’è stato il caso del deputato gallese Carl Sargeant, laburista, che a novembre si è ammazzato dopo essere stato sospeso da tutti i suoi incarichi per accuse di molestie a suo carico. La famiglia di Sargeant ha reagito come von Otter, esprimendo smarrimento per la negazione di un percorso normale di accertamento dei fatti, di giustizia. A febbraio, l’ex produttore cinematografico Jill Messick si è suicidato dopo essere stato accusato da Rose McGowan e altre donne di non essere stato solidale con coloro che avevano denunciato Weinstein, schierandosi, invece, dalla sua parte.
“Il suicidio – conclude O’Neill – è qualcosa di molto complesso. Raramente ha una sola causa e sono sempre le persone che lo commettono ad averne la responsabilità. Tuttavia, von Otter ha ragione: si possono distruggere le vite delle persone e il #metoo lo ha fatto. Le sue paladine devono adesso domandarsi se questo sia un prezzo che è valso la pena pagare. Se sia stato giusto frantumare carriere e vite per consentire a donne comodamente distaccate di provare il brivido di far parte di un movimento globale nato per fare giustizia. Una società civile non permette che nessuno sia massacrato da voci o accuse: ora sappiamo che il #metoo ha contribuito a rendere le nostre società meno civili”.
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