Quel mix letale di isteria e interessi
Ian Buruma ha spiegato cosa l’ha spinto a dimettersi sul #metoo
Sono stato condannato su Twitter, senza alcun processo” ha detto Ian Buruma mentre impacchettava le sue cose nella redazione della New York Review of Books, dove da un anno era direttore, ma che è stato costretto a lasciare a causa della pubblicazione di un saggio critico del movimento #metoo. “E’ piuttosto ironico: il direttore della New York Review of Books ha pubblicato un articolo sul #metoo di chi non era stato condannato in un tribunale, ma dai social media. E ora sono messo alla berlina”. Buruma ha dato la sua versione al magazine olandese Vrij Nederland. “All’inizio lo staff non era unanimemente d’accordo con la pubblicazione, ma una volta presa la decisione, abbiamo concordato. Anche l’editore era inizialmente favorevole. Il fatto che mi senta costretto alle dimissioni in realtà è una capitolazione ai social media e alle pressioni universitarie”.
Buruma non è stato licenziato, “ma l’editore aveva chiarito che gli editori universitari, le cui pubblicazioni rendono possibile l’uscita della New York Review of Books, stavano minacciando un boicottaggio. Avevano paura delle reazioni nei campus, dove questo è un argomento incendiario”. L’intervista a Buruma chiarisce uno dei capitoli più sinistri del nostro tempo: la doppia pressione dei social media e degli investitori timorosi delle eventuali conseguenze della pubblicazione “sbagliata”. La testa e la penna di Buruma sono rotolate a causa del clima di isteria che da qualche anno ormai sembra essersi impossessato dei campus americani. Allucinante.
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