La damnatio memoriae di Woody Allen
Il regista non merita un editore. Sono tutti atterriti dal #metoo
Damnatio memoriae, è proprio il caso di dirlo. La locuzione latina significa letteralmente “condanna della memoria”. Nel diritto romano era la pena che portava dritto alla cancellazione di qualsiasi traccia che riguardasse una persona. E’ come se essa non fosse mai esistita. Statue, monumenti, libri, monete, tutto. Tutto doveva essere sfregiato.
E’ quello che sta subendo Woody Allen. Il famoso regista si è visto sbattere la porta in faccia dai maggiori editori per la pubblicazione delle sue memorie. Lo raccontava ieri il New York Times, citando i capi di quattro grandi case editrici americane, dopo che sono riaffiorate le accuse di molestie alla figlia Dylan Farrow. L’esito non ha portato a nulla, non è emerso alcun abuso, ma la vicenda ha isolato il grande regista newyorchese da tutto e tutti. Le case editrici interrogate hanno spiegato al Times che sarebbe commercialmente e culturalmente rischioso pubblicare le memorie di Allen. Effetti del movimento femminista #metoo, che aveva già spinto Amazon a non distribuire il film di Allen, “A Rainy Day in New York”, e che ha reciso un contratto che prevedeva in tutto quattro film. Nel 2003, Allen stava per sottoscrivere un accordo con la casa editrice Penguin per tre milioni di dollari per le sue memorie. Poi non se ne fece più niente.
Questo prima che il #metoo infestasse tutta la vita culturale americana, registi, riviste, case editrici, mondo dello spettacolo, politica. Due anni fa, un gruppo femminista di spicco mise al collo della statua di Allen a Oviedo un cartello, come facevano le Guardie rosse in Cina con i “reazionari”, scrivendoci sopra “violentatore e pervertito”. Con queste parole, non c’è redenzione possibile per il reprobo. Soltanto il sale sulla sua memoria.
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