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Basta ansie ambientali

Redazione

Ecco la “eco anxiety”, la paura per il disastro climatico. Facciamocela passare

È da qualche mese, da quando la questione del catastrofismo climatico è diventata mainstream, che sui media internazionali si parla di “eco anxiety”, ansia ecologica. La generazione Greta ha così tanta paura che il mondo possa finire nel disastro climatico, e che l’esistenza sulla Terra possa diventare invivibile e spaventosa, che ha finito per sviluppare ansia, disagio, e perfino delle patologie. La definizione di “eco anxiety” è stata ufficializzata per la prima volta nel 2017 dalla American Psychological Association come “paura cronica del disastro ambientale” ed è diventata tema diffuso negli scorsi mesi, quando l’attività di Greta Thunberg ha sensibilizzato milioni di giovani e li ha portati nelle strade a protestare in favore dell’ambiente. La “eco anxiety” nasce senz’altro da una tendenza molto anglosassone a medicalizzare qualunque fenomeno, e in questo senso sarebbe da ignorare: meglio occuparsi delle malattie vere, non di quelle create ad hoc dalla stampa americana.

 

Ma se proviamo a interpretare il fenomeno oltre alla sua espressione mediatica, la “eco anxiety” è la dimostrazione del lato peggiore del catastrofismo climatico: in questi mesi di proteste ambientali i ragazzi hanno gridato slogan sul salvare il pianeta e cambiare lo status quo, ma dentro di loro iniziavano a covare l’idea che il pianeta non lo salveranno, che il disastro è imminente, che la speranza è già morta. I ragazzi che hanno la “eco anxiety” sono vegani, fanno la raccolta differenziata, hanno smesso di comprare cose su Amazon, ma non riescono a fare a meno di pensare che il pianeta stia morendo per colpa loro e colpa nostra. La sensibilità ambientale è cosa buona, ma il catastrofismo è il primo passo verso la paralisi. Bisogna combattere il catastrofismo con una dose consistente di fiducia nell’ingegno umano, ché se c’è un pianeta da salvare sarà possibile farlo solo con più scienza, più capitalismo e meno ansie.

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