La parola dell'anno
E’ “Cancel Culture”. L’oblio forzato che travolge tutto e tutti
Secondo il Macquarie Dictionary, “Cancel Culture” è la parola dell’anno. In questo ultimo anno, infatti, è scomparsa ogni distinzione fra la legittima critica e l’illegittima cultura della cancellazione, dell’oblio e della rimozione forzata, che ha travolto pezzi importanti della cultura e del mondo dello spettacolo. E’ la minaccia che assilla le celebrità come Kanye West: “Sono stato cancellato perché non ho cancellato Trump”, ha dichiarato West in un’intervista al New York Times.
Quanti sono i nomi dello star system scomparsi in una sorta di esilio informale e infernale, da Kevin Spacey a Louis C. K., due delle innumerevoli carriere distrutte soltanto grazie all’ombra del sospetto? Quanti i romanzi della “young adult fiction” della generazione Z che, accusati di “appropriazione culturale” e “razzismo”, sono finiti al macero ancor prima di essere pubblicati? Quanti i quadri, da Balthus a Gauguin passando per Schiele e Picasso, che si è fatto o si voleva far sparire dalla vista del pubblico nei grandi musei, processandoli ex post per la condotta sessuale poco reprensibile dei loro autori? Quanti i direttori d’orchestra, i cantanti, i ballerini, scomparsi dal mondo della musica classica e operistica? Quante le opere teatrali riscritte, cancellate, semplicemente “bollate” con un avvertimento secondo cui stavano violando il penosissimo comune sentire? Quante le statue tirate giù perché portavano i nomi di santi, scopritori, filantropi rei di vivere in un tempo in cui il canone dei diritti umani non era quello di oggi? Quanti i cartoni animati archiviati per sempre o le musichette jazz poco edificanti fagocitate dalla nuova doxa antirazzista e militante?
“Cancel Culture”, si chiama. E’ un ossimoro e una peste del pensiero.
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