Il calcio mondiale ha un nuovo capo. E ora?
«In che lingua prendiamo le decisioni all’Uefa? Se parliamo diplomaticamente, in francese. Se ci arrabbiamo, in italiano: le parolacce vengono meglio» (Gianni Infantino).
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Gianni Infantino, 45 anni, svizzero di origini italiane, segretario generale dell’Uefa dal 2009, è stato eletto venerdì scorso presidente della Fifa, l’organizzazione che governa il calcio mondiale.
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Infantino è il nono presidente della storia della Fifa, se si esclude il camerunese Hayatou che ha gestito ad interim questi ultimi mesi di crisi. Nella seconda votazione, quando servivano 104 voti, ne ha presi 115, convogliando sul suo nome tutta l’Europa, il Sudamerica, quasi tutto il Nordamerica e un po’ d’Asia e d’Africa. Lo sceicco bahreinita Salman Al Khalifi s’è fermato a 88.
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Paolo Brusorio: «Il potere del calcio si sposta di 9,73 chilometri: quelli che ci sono da Visp a Briga. Due puntini nel mondo ma, per quello del pallone, i luoghi di nascita di Sepp Blatter e Gianni Infantino. Da uno svizzero a un altro svizzero, più che eleggere l’uomo più potente del calcio sembra di giocare ai Quattro Cantoni, ma le affinità tra i due (a parte un certo compiacimento nel cambiare lingua a seconda di chi fosse il destinatario del messaggio, tipica arte blatteriana), finiscono qui».
Paolo Brusorio, La Stampa;
Enrico Currò: «Infantino prende il comando nel momento più delicato, dopo il ciclone delle inchieste che hanno spazzato via i 18 anni di dittatura di Blatter. L’ex tiranno in esilio forzato tifava per Salman Al Khalifa, sceicco del Bahrein, mentre Infantino è un allievo del presidente dell’Uefa Platini, sospeso a sua volta e tuttavia vincitore morale delle elezioni».
Enrico Currò, la Repubblica;
È stato, in verità, un successo dell’Europa – e un po’ anche del Sudamerica – contro la minaccia della periferia. «Ha vinto il continente dove si gioca sul serio», ha sintetizzato il presidente della Figc Tavecchio. Ancora Currò: «Salman Al Khalifa era visto come un sacrilego, portatore di contraddizioni politiche, economiche, perfino religiose. Lo sceicco era dato in vantaggio fino a due giorni dal voto, malgrado il carico di incognite. In Bahrein, piccolo paese del Golfo Persico, il calcio è una copia malriuscita dell’originale. Al Khalifa, musulmano sunnita, appartiene alla famiglia regnante di un paese a maggioranza sciita, nel Medio Oriente epicentro delle guerre in nome della fede».
Enrico Currò, la Repubblica;
Giulia Zonca: «La novità è che le venti squadre di calcio più potenti del mondo sono più forti dei petrodollari, un fronte che negli ultimi tempi ha perso poche sfide e che è abituato a ottenere risultati in contanti. Ma stavolta c’è chi ha fatto lobby migliori. A sorpresa Salman Al Khalifa esce sconfitto, tradito dal suo stesso continente, dai voti rastrellati e poi gestiti dal principe Ali: un giordano che fa lo sgambetto a un bahreinita, un pezzo di Asia che ne affonda un altro. E non è certo la sola defezione del blocco visto che tra i 27 consensi del principe c’erano di certo altri fuoriusciti della confederazione di Salman. Faide geopolitiche e in questo caso pure personali visto che Ali ha pessimi rapporti con Salman».
Giulia Zonca, La Stampa;
La Fifa di Infantino non spenderà di meno, anzi. Il neo presidente ha dato le prime cifre: «Cinque miliardi di dollari per le federazioni nei prossimi quattro anni». E poi il Mondiale a 40 squadre, uno degli punti principali del suo programma. Paolo Brusorio: «Gigantismo spacciato per ecumenismo. È il modo trasparente, almeno speriamo, di far partecipare al banchetto più paesi. Come nominare, forse, come segretario generale l’egiziano Gamal Allam. Come Platini ha allargato il prossimo Europeo a 24 squadre, così nei piani di Infantino c’è questo Mondiale taglie forti. Ecco il segno della continuità».
Paolo Brusorio, La Stampa;
Marco Bellinazzo: «L’agenda del neopresidente è già piena di impegni e insidie. Nei prossimi mesi dovrà essere rinnovata la governance Fifa prendendo atto anche dei possibili sviluppi dell’inchiesta che dallo scorso maggio stanno conducendo l’Fbi e la magistratura svizzera e che ha portato indirettamente all’estromissione dei due (ex) uomini più potenti del sistema calcistico mondiale, Blatter e Platini. Le verifiche in corso sui brogli e le tangenti che avrebbero dirottato i mondiali del 2018 e del 2022 verso Russia e Qatar imporranno poi una decisione definitiva su queste assegnazioni».
Marco Bellinazzo, Il Sole 24 Ore;
Il padre di Gianni Infantino, Vincenzo, scomparso qualche anno fa, era calabrese, controllore di treno. La madre Maria arrivava dalla Valcamonica e faceva l’edicolante in stazione. Si conobbero da emigrati in Svizzera. «Da piccolo, per vederli, andavo in stazione e mentre aspettavo divoravo la Gazzetta: ho studiato l’italiano così».
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Per pagarsi gli studi, ha pulito carrozze e vagoni letto e aiutato la madre nel chiosco. Gli piaceva il calcio, ma non era un fenomeno. Trovò spazio nella Folgore, squadra per soli italiani del vallese: «Giocavo soltanto perché papà faceva l’allenatore e mamma lavava le maglie». Ruolo? «Dove mancava qualcuno».
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Laurea in legge a Friburgo, è diventato avvocato di diritto sportivo all’Università di Neuchatel, lavorando per il Cies (Centro internazionale studi sportivi). Cominciò a collaborare con la Figc, la federazione svizzera e la Lega spagnola. Entrò nell’Uefa nel 2000, con conseguente scalata: direttore degli affari legali nel 2004, segretario generale nel 2009, braccio destro di Michel Platini.
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Bellinazzo: «Noto al grande pubblico come l’uomo dei sorteggi, Infantino ha diretto il gruppo di lavoro sulle licenze, ha collaborato nella creazione del fair play finanziario e ha seguito da vicino lo sviluppo del marketing della Uefa, riuscendo a triplicare il fatturato della stessa».
Marco Bellinazzo, Il Sole 24 Ore;
Parla indifferentemente cinque lingue: italiano, tedesco, inglese, spagnolo, francese. Mastica un po’ di arabo. Ha una moglie libanese, da cui ha avuto quattro figli.
Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport;
Fabrizio Bocca: «Il calcio ha fallito il sogno di affidarsi ai campioni. Con Maradona o Cantona sarebbe stato complicato e purtroppo anche Platini ha avuto le stesse debolezze di chi combatteva. La tv ha reso il calcio il più grande e ricco show del mondo. In Germania la finale di Brasile 2014 raggiunse l’86% di share e 35 milioni di spettatori. Non c’è Oscar, Superbowl o discorso del Papa che tenga. Da oggi il nuovo presidente se la vedrà col nostro Tavecchio, ma pure con Obama e Putin. La Fifa ha 209 nazioni iscritte, l’Onu 193».
Fabrizio Bocca, la Repubblica;
Mario Sconcerti: «Infantino è una garanzia di competenza e almeno una speranza di onestà collettiva. Più difficile capire quanto la Fifa voglia rinnovarsi davvero. Infantino dovrà gestire adesso non solo un consesso inquieto, ma tutto un mondo che ha voglia di emergere. L’Asia con i suoi nuovi soldi, l’Africa con il suo nuovo peso tecnico, il Sud America che si è sentito trascurato dall’Europa negli ultimi venti anni. Infantino rappresenta la forza e il fascino del vecchio calcio europeo, i padri fondatori e l’unica merce davvero universale. Ma sa che se vorrà lottare contro la corruzione dovrà essere il presidente di tutti. Ha una forza che Blatter non aveva nonostante tutti i suoi trucchi: la consapevolezza che tutto il calcio sa di dover cambiare. Il vero problema è come».
Mario Sconcerti, Corriere della Sera;
L’immagine è oggi, per la Fifa, il problema prioritario. Prima del voto, il congresso ha approvato con l’89% a favore le riforme: il limite dei tre mandati consecutivi di quattro anni per tutti i dirigenti, un consiglio allargato con la presenza obbligatoria di almeno sei donne, la pubblicazione degli stipendi, una commissione di controllo e la separazione delle funzioni politiche e amministrative, deterrente al conflitto d’interessi.
Enrico Currò, la Repubblica;
Intanto, se la Fifa ha ritrovato un capo, il vuoto di potere si è trasferito all’Uefa, senza presidente e segretario generale. Il 3 maggio è fissato un congresso straordinario a Budapest ma non sarà quella la sede e la data per eleggere un nuovo presidente. Bisognerà attendere il giudizio del Tas su Platini, squalificato per 6 anni dalla Fifa per aver ricevuto 1,8 milioni da Blatter nel 2011.
Guido De Carolis, Corriere della Sera;
«Il nostro presidente è sempre Platini» ha detto Zibì Boniek, presidente della federazione polacca e tra i più seri candidati – insieme al presidente portoghese Fernando Gomes – alla successione dell’ex compagno dei tempi della Juve. Ci sono in ballo due miliardi di euro di ricavi da gestire e una cassa con una liquidità di 530 milioni.
Guido De Carolis, Corriere della Sera.
a cura di Luca D'Ammando