Francesco Totti in campo (foto LaPresse)

L'impossibile addio di Francesco Totti

Redazione
Tra il campione quasi quarantenne e l’allenatore di ritorno, Roma si è divisa. Sono giorni sofferti. È come se avessimo un grave problema di famiglia. Non è che uno non prenda posizione per ignavia, ma solo perché è troppo complicato» (Valerio Mastandrea).

Tra il campione quasi quarantenne e l’allenatore di ritorno, Roma si è divisa. Sono giorni sofferti. È come se avessimo un grave problema di famiglia. Non è che uno non prenda posizione per ignavia, ma solo perché è troppo complicato» (Valerio Mastandrea) [1].

 

Basterebbero queste parole più di mille analisi e commenti per spiegare cosa sta accadendo a Roma in queste settimane. L’autore del collage che state per leggere denuncia la sua difficoltà nell’affrontare l’argomento perché – sempre per citare l’intervista di Mastandrea a Malcom Pagani – «parlo pochissimo del mio rapporto con la Roma proprio perché lo definisco un rapporto. E non si racconta in giro di come fai l’amore con la tua donna. Finiti i tempi delle descrizioni sofferte dei flirt adolescenziali, su certe cose, non c’è niente di meglio del silenzio». Ma tant’è, ci tocca. Iniziamo [1].

 

Francesco Totti, romano di Porta Metronia, compirà quarant’anni il prossimo 27 settembre – nacque cinque giorni dopo Ronaldo, due prima di Shevchenko (una delle settimane più produttive della storia del calcio). È alla sua ventiquattresima stagione da professionista, tutte con la maglia della Roma [2].

 

Esordio in serie A a sedici anni e mezzo, il 28 marzo 1993, sostituendo Ruggiero Rizzitelli all’87’ di un Brescia-Roma 0-2 (in panchina Vujadin Boskov). Il primo gol arrivò il 4 settembre 1994, all’Olimpico contro il Foggia. Mazzone lo schierò titolare e lui, al 30’, sbloccò il risultato: «Mio zio mi promise una mountain bike, la desideravo e forse l’avrei potuta comprare senza aspettare la rete. Ma ho rincorso quel gol pensando alla bicicletta» [2].

 

Racconta la leggenda che un giorno dell’88 un emissario del Milan si presentò a casa Totti con 150 milioni di lire in valigia per strapparlo, allora dodicenne, alla Lodigiani. Mamma Fiorella prima rimase «di sasso», poi prese a chiedere a tutti, in lacrime, «che devo fare?», infine chiamò l’amico di famiglia Stefano Caira, dirigente in Federcalcio, che le disse: «Quelli che ti stanno offrendo sono spiccioli». Pochi mesi e Totti passò alla Roma [2].

 

Capitano dal 1998, è il calciatore che ha collezionato più presenze con la maglia della Roma (597, terzo in assoluto dopo Paolo Madini e Javier Zanetti) e che ha segnato più gol in Serie A (247, secondo in assoluto dopo Silvio Piola). Ha anche il record di presenze giallorosse in coppe europee (97, 57 in Champions League, di cui è anche il marcatore più anziano, avendo segnato a 38 anni e 59 giorni). Innumerevoli altri primati personali [3].

 

Il problema è che a giugno il contratto di Totti scade e la Roma non sembra intenzionata a rinnovarlo, nonostante lui abbia espresso pubblicamente il desiderio di giocare ancora un anno [3].

 

Totti vinse il suo unico scudetto nel 2001, con Fabio Capello sulla panchina della Roma, anche se tra i due non fu mai amore, come emerso dopo la fuga del tecnico alla Juventus (estate 2004). La volta che gli chiesero chi avrebbe voluto in panchina dopo Capello, Totti rispose «un pelato», e le cose per la Roma andarono male (Prandelli, Völler, Del Neri, Bruno Conti) finché non l’accontentarono ingaggiando Luciano Spalletti (estate 2005) [2].

 

Spalletti è tornato sulla panchina giallorossa lo scorso gennaio e non si è fatto alcun problema a relegare Totti in panchina, a rivendicare le sue scelte e a punzecchiare ripetutamente il capitano («Non gestisco Totti, gestisco la Roma, gioca chi è pronto e mi dà più garanzie»; «Non alleno in funzione della storia») [4].

 

Fra i tanti episodi di questi mesi, forse quello che ha fatto più impressione sono i tre minuti finali concessi in Champions League contro il Real Madrid. Un insulto al capitano, per gran parte della tifoseria [3].

 

Gianni Mura: «Spalletti dovrebbe sapere che a Roma andare contro Totti è come presentarsi a un convegno di vegani masticando un cosciotto d’agnello. Alla sua età, Totti può essere dosato e discusso, maltrattato no» [5].

 

Nelle ultime tre partite, partendo sempre dalla panchina, Totti si è dimostrato decisivo: 45 minuti e assist per Salah col Bologna; 12 minuti e gol del pareggio all’Atalanta; 5 minuti e doppietta col Torino [4].

 

Lucio Caracciolo: «I grandi si svelano nelle crisi estreme. Francesco Totti non ha mai sofferto tanto come in questi mesi, quando si è sentito svilito e abbandonato dalla società alla quale ha regalato tutta la carriera, anche a costo di rinunciare a impreziosirla con le coppe che avrebbe vinto a man salva se avesse accettato di spendere il suo talento nel Real Madrid. Poi quei due gol nei tre minuti magici, forse i più importanti della sua vita di calciatore. Non una coppa né uno scudetto, qualcosa di molto più personale: la consacrazione della sua unicità» [6].

 

Maurizio Crosetti: «Dirlo ora può sembrare blasfemo, ma questi sono gol che complicheranno le ultime righe del romanzo, tutte da scrivere. Una bellissima, ingannevole immortalità che vale per una sera o per qualche giorno, ma che allontana le esigenze della realtà, quelle che reclamano sempre il conto. Che si eviti almeno la commedia e si rispetti la storia» [7].

 

Totti ha segnato 4 gol in 287 minuti in questa stagione, una media di una rete ogni 71’. E con il rigore contro il Torino è diventato il calciatore ad aver trasformato più tiri dal dischetto, 69 (su 86 battuti), superando di una lunghezza Roberto Baggio [8].

 

Luca Valdiserri: «Ci sono i fatti e ci sono le opinioni. I fatti dicono che Francesco Totti ha dimostrato sul campo di essere ancora un calciatore decisivo per la sua squadra. Non vuole fare il dirigente perché di quelli ne trovi a bizzeffe, mentre i campioni che vincono le partite sono merce rara. Ma se vuole continuare a giocare dovrà farlo altrove. Per adesso gli è arrivata una ricchissima proposta dall’Al Jazira, la squadra degli Emirati che voleva coprire d’oro Gervinho. Un’altra possibilità sono gli Stati Uniti, ma Totti aveva congelato tutto perché la sua idea era chiudere, a 40 anni, con la squadra della sua vita» [9].

 

Mattia Feltri: «I tifosi nemmeno parlano di secondo posto in classifica, di qualificazione diretta in Champions, parlano di “un uomo solo contro l’ingiustizia”, di “senso di malinconia per il tramonto della Storia” (il maiuscolo è nostro, ma alla radio si coglieva), di “mancanza di riguardo per il cuore di milioni di persone”. Ecco, di mezzo si è messo il nuovo marziano, l’allenatore Spalletti che maltratta il Re, una specie di Ignazio Marino della panchina le cui colpe vanno oltre i risultati – fin qui molto buoni – e investono piuttosto l’idea millenaria di grandezza, anche applicata al calcio, che Roma conserva di sé» [10].

 

In molti si chiedono perché Pallotta si ostini a dire no al rinnovo. Il presidente avrebbe tutto il vantaggio di concedere l’ultimo anno a Totti, senza contare che solo col merchandising della maglietta – sempre di gran lunga la più venduta – rientrerebbe dell’ingaggio assai ridotto rispetto al passato (il capitano si accontenterebbe di un milione). Massimo Cecchini: «La presa di posizione di Pallotta è interpretata così: il presidente è disposto anche a subire le accuse della tifoseria per proteggere Spalletti, evitandogli di vivere una stagione intera sull’orlo dello psicodramma» [8].

 

Daniela Ranieri: «Francesco Totti che a un Maurizio Costanzo Show di tanti anni fa, sfrontato come sono i timidi, riferisce la frase che suo padre gli dice più spesso: “Quanto era più bravo tu’ fratello”. Sottinteso: di te. Di Totti. Nel paradosso ironico, Totti disegnava insieme una impossibilità reale (che ci fosse qualcuno più bravo di lui, non si sa nemmeno di quanto) e una possibilità logica, o almeno storica. Oggi davvero lui, che nelle dinamiche di potere tra panchina, campo e spogliatoio è sempre stato figlio, pure nel gesto di succhiarsi il pollice per onorare la nascita e i compleanni dei figli suoi, deve far posto a fratelli più piccoli anche di vent’anni, portatori dell’unica qualità calcistica che lui non possiede: la gioventù del corpo» [11].

 

Alessandro De Calò: «Come ha detto una volta Jorge Valdano, se i calciatori avessero immaginato quanto è duro l’addio, avrebbero fatto altro: gli scultori o i pittori, per non smettere mai. Chiedete a Giuseppe Bergomi o a Paolo Maldini se è stato dolce o amaro il distacco da Inter e Milan, le squadre della loro vita. Sarebbe superfluo fare la stessa domanda ad Alex Del Piero, che pure aveva lasciato i bianconeri con l’onore delle armi: pubblico annuncio del presidente della Juve, Andrea Agnelli, in un’assemblea dei soci» [12].

 

Giancarlo Dotto, convinto che oggi i problemi della Roma passino per Totti: «Mancava poco perché la storia di Francesco Totti diventasse una storia perfetta ma quel poco è la cruna di un ago, una montagna da scalare. L’addio di Totti è il più lungo, estenuante funerale annunciato della storia del calcio. E il primo a negare il lieto fine è proprio lui, il capitano. Bob Dylan, un altro capitano che si ostina, va a cantare in cantine assurde di città improbabili. Ma è un fantasma solitario. Non disturba nessuno. Totti ha fatto del suo esercito di adoratori l’esoscheletro che lo fa sentire invulnerabile. Non parla perché sa che sono loro a farlo al posto suo, pronti a scatenare l’inferno. Più ci si rifugia nella religione del Pupone, più s’impedisce a tutte le risorse intorno di crescere» [13].

 

Riscaldandosi, mentre il Torino stava vincendo all’Olimpico mercoledì scorso, Totti ha detto ai fotografi: «Scattate, che sono le ultime». L’ultima all’Olimpico sarà Roma-Chievo, domenica 8 maggio, alle 12.30. Valdiserri: «Chissà se qualche dirigente della Roma chiederà alla Lega se è possibile cambiare l’orario o se l’addio di Totti dovrà arrivare tra un boccone e l’altro, con l’indice di ascolto tv più basso possibile» [9].

 

(a cura di Luca D’Ammando)

 

Note: [1] Malcom Pagani, Rivista Undici n. 9; [2] Catalogo dei viventi 2009, Marsilio; [3] Matteo Pinci, la Repubblica 22/4; [4] Angelo Carotenuto, la Repubblica 24/2; [5] Gianni Mura, la Repubblica 18/4; [6] Lucio Caracciolo, la Repubblica 22/4; [7] Maurizio Crosetti, la Repubblica 21/4; [8] Massimo Cecchini, La Gazzetta dello Sport 22/4; [9] Luca Valdiserri, Corriere della Sera 22/4; [10] Mattia Feltri, La Stampa 19/4; [11] Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 22/4; [12] Alessandro De Calò, La Gazzetta dello Sport 22/4; [13] Giancarlo Dotto, La Gazzetta dello Sport 22/4.