Sui diritti tv del calcio, "FATE PRESTO" (cit.)

Redazione

Il caos in Lega e la vera emergenza percepita dagli italiani

La maggioranza degli italiani, tranne qualche imbufalito seriale, sul 4 marzo sta tranquilla: se va bene sarà larghe intese, se no ci penseranno Mattarella & Gentiloni. Sull’economia, c’è ottimismo. Il calcio, però, ecco la vera emergenza nazionale. Non solo percepita, proprio reale. Il calcio è anima e immagine, l’asticella dell’umore che può far precipitare il paese nel cupo disfattismo, nell’arrabbiatura pronta a chiedere alle istituzioni (sportive e televisive, ma sempre istituzioni) di farsi da parte o di darsi all’ippica (allo stadio si dice con parole diverse, ma ci siamo capiti). Sul calcio, l’Italia vuole certezze.

  

Già c’è quell’onta non digerita, l’estate senza la Nazionale ai Mondiali. Già c’è questa farsa da basso impero del presidente della Lega che non si riesce a eleggere, e aleggia come un pipistrello il fantasma di Tavecchio. Ma sul calcio in tv, vogliamo o no dare certezze? Sulla questione dei diritti tv presidenti della Lega di serie A e di aziende si sono incartati, oggi, in una partita difficile da spiegare, e potenzialmente letale dal punto di vista industriale. In soldoni. Le squadre chiedevano dai diritti un incasso da un miliardo, manco fossimo la Premier league. Sky e Mediaset offrivano molto meno. Nottetempo, Sky era salita a 630 milioni di offerta, il Biscione è fermo a 200. In tutto fa 830. Così i presidenti sono passati alla busta due: la mitologica offerta degli spagnoli di Mediapro, che sarebbe di 900 milioni. Ma c’è un problemino: Mediapro non è una tv, non trasmette in Italia, e dovrebbe poi rivendere il pacchetto ai network nazionali. Già, ma a chi, se i soldi sul piatto quelli sono? Economia, logiche aziendali, certo. Ma applicate a un campo in cui la logica conta poco: il sentiment degli spettatori. Una polveriera. Un consiglio, come diceva quel giornale: “FATE PRESTO”.

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