Un Mondiale esagerato per Putin
Sin dall’inizio dell’era putiniana la Russia post sovietica ha puntato sullo sport come biglietto da visita per l'estero. Così Mosca si è preparata alla Coppa del mondo
Mosca. La Vorobyovy Gory è un affaccio privilegiato su Mosca. Dalla cosiddetta collina dei passeri spiccano i palazzoni di periferia, i grattacieli di Moskva City, la Torre Shukov e le cupole a cipolla che contraddistinguono chiese e monasteri. Non è un caso che nel famoso romanzo di Michail Bulgakov, “Il Maestro e Margherita”, i protagonisti si incontrino qui per concedersi un ultimo sguardo sulla città. Prima di abbandonarla. Proprio di fronte alla collina, dal lato opposto del fiume Moscova, risalta invece un’astronave imponente, al cui interno i preparativi fervono in vista della cerimonia inaugurale che apre ufficialmente l’edizione numero ventuno dei campionati del mondo di calcio. Il progetto destinato a rilanciare tutta quest’area in vista del torneo, ha collegato con una seggiovia la collina al Luzhniki Stadium, impianto ancor più maestoso se visto da vicino, teatro del debutto dei padroni di casa contro l’Arabia Saudita, ma anche della finale del prossimo 15 luglio. Il vecchio stadio Olimpico da 80 mila posti è stato ristrutturato sborsando mezzo miliardo di euro, sono stati impegnati tremila operai retribuiti con il salario minimo, che qui è pari a 7.500 rubli, circa 110 euro. L’impianto è di gran lunga il simbolo dello sforzo compiuto dalla Russia per ospitare una manifestazione lunga un mese, sulla quale sono stati investiti 12 miliardi di euro, coinvolgendo 11 città e 12 stadi. Sin dal 2010, quando i Mondiali furono assegnati a Mosca, è stato mobilitato ogni apparato statale, aggiungendo l’indispensabile contributo degli oligarchi nel giro di Vladimir Putin, indiscussa icona extracalcistica di tutta la rassegna. Il presidente russo ha voluto fare le cose in grande, la volontà è dimostrare una volta di più la grandiosità di un Paese e di un popolo che lo scorso 18 marzo lo ha rieletto presidente per la quarta volta, con il 76,69 per cento dei voti.
Sin dall’inizio dell’era putiniana la Russia post sovietica ha puntato sullo sport come biglietto da visita per l'estero e si è lanciata nel terzo grande evento sportivo dopo aver ospitato i Mondiali di atletica nel 2013 a Mosca e le Olimpiadi invernali, a Sochi, nel 2014, poi culminate nello scandalo del doping di Stato. La coppa del mondo ha reso l’attesa spasmodica, il traffico nella capitale è ancor più infernale del solito e sui cartelloni risalta il manifesto ufficiale della rassegna, a opera dell’artista Igor Gurovich, che richiama un tuffo del leggendario Lev Yashin, unico portiere nella storia ad aver vinto un Pallone d’Oro. Sin dal 1930, da quando si disputano i Mondiali, nessun giocatore realmente esistito era mai stato inserito nella “locandina” del torneo e a posteriori questo appare come l’ennesimo record di un calciatore che resta il più celebre di sempre. A queste latitudini e non solo. Yashin, il cui nome Lev vuol dire letteralmente leone, è seppellito nel cimitero cittadino di Vagan’kovo con altri grandi dello sport moscovita, dal maestro dell’hockey sovietico Viktor Tikhov al fortissimo cestista Sergej Belov. Ognuno con la propria effigie scolpita sul pilastro funerario, tanto da apparire quasi un’opera d’arte ideata con cura e rifinita nei dettagli.
Gli estremi difensori d'altra parte tornano con frequenza anche nella sterminata letteratura russa. Da “Invidia” di Juri Olesha a “Il portiere della Repubblica” firmato Lev Kassil all’epoca delle repressioni staliniane, dove la partita è tra due mondi giganteschi e a contrapporsi in campo sono socialismo e capitalismo. Ed è un ex portiere anche l’attuale commissario tecnico della Nazionale di casa, Stanislav Cherchesov, natìo dell’Ossezia del Nord e in carriera capace di giocare senza distinzioni con Urss, Csi e Russia: era proprio lui il capitano nella prima selezione post sovietica, scesa in campo il 16 agosto 1992 e vittoriosa per 2-0 sul Messico. A onor del vero l’attuale compagine suscita poca passione ed entusiasmo tra il popolo ospitante, scontando l’assenza di stelle vere e proprie e un organico di livello mediocre, che si presenta al debutto iridato senza un successo sul campo da oltre dieci mesi. Anche il ranking parla chiaro, Ignashevich e compagni occupano la posizione numero 66 e tra le presenti al Mondiale sono davanti solo all’Arabia Saudita. La fallimentare Confederations Cup dell’anno scorso e il brutto avvicinamento al torneo non fanno ben sperare, il rischio che i ragazzi di Cherchesov non passino nemmeno la fase a gironi esiste. E anche in caso di qualificazione agli ottavi se la vedrebbero con la seconda del gruppo B: verosimilmente Portogallo o Spagna. Ma non c’è più tempo per rimediare, il countdown gigante piazzato nel cuore della Piazza Rossa indica che l’attesa ormai è finita. Tocca alla Russia, ancora una volta.
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA