Il sogno olimpico della Lega

Redazione

L'esecutivo chiude alla possibilità di una candidatura a tre per i Giochi invernali del 2026. I governatori leghisti di Lombardia e Veneto non mollano: “Avanti senza Torino con Milano e Cortina”

Verrebbe da dire che non c'è due senza tre. Ma forse, dopo aver perso l'occasione di candidarsi per le Olimpiadi del 2020 e per quelle del 2024, l'Italia ha ora ancora una remota speranza di correre per quella (invernale) del 2026. I tempi sono strettissimi. Domani a Losanna il Coni dovrà fornire al Cio un'indicazione preliminare. La candidatura ufficiale va presentata a Buenos Aires agli inizi di ottobre.

  

Qualche giorno fa, parlando dell'appuntamento di domani, il presidente del Coni Giovanni Malagò aveva spiegato: “Se in queste ultime ore tutti condividono il nome ci si presenta a Losanna con il nome, ma non è obbligatorio”. Il nome, ovviamente, non c'è. E non c'è nemmeno la candidatura. Almeno nella forma del tridente Milano-Torino-Cortina in cui era stata immaginata.

 

Già ieri, per la verità, si era capito che il progetto era destinato a naufragare. Giuseppe Sala aveva infatti ribadito che per lui non poteva esistere candidatura se non con Milano capofila. E il governo aveva cortesemente respinto la sua richiesta. Oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha chiuso il cerchio. “Il governo - ha spiegato durante un'audizione in commissione Istruzione al Senato - non ritiene che una candidatura fatta cosi come è stata formulata possa avere ulteriore corso, quindi, la proposta non ha il sostegno del governo ed è morta qui”. 

 

“La posizione del governo l'ho già riferita al Coni - ha aggiunto - sono rammaricato di questo che ritengo anche un fallimento mio che ci ho lavorato. Una cosa così importante come le Olimpiadi deve partire con il piede giusto e questo non è successo, non c'era l'atmosfera e quindi la cosa finisce qui. La candidatura non è di una sola città ma deve fare capo a una unità di scopo a livello nazionale, con ampia possibilità di controllo e una partecipazione paritetica fra le tre città candidate senza che una prevalesse sull'altra e su questo si è innescato quanto avete sentito nelle scorse ore. Le tre città hanno risposto in qualche modo condividendo lo spirito della proposta del Coni, ma mantenendo le proprie perplessità”.

 

Il piano B

In realtà l'impressione è che le cose siano andate esattamente come tutti speravano andassero. Chiara Appendino aveva più di un problema a gestire il dossier Olimpiadi e a farlo digerire alla maggioranza grillina del comune di Torino (e ai propri elettori). In questo modo potrà rinunciare senza dover fornire troppe spiegazioni o subire attacchi. La Lega, invece, avrà la possibilità di gestire direttamente le Olimpiadi.

 

Non a caso i primi a commentare le parole di Giorgetti, quando nessuno parla ancora di un passo indietro del sindaco 5 Stelle, sono i governatori del Veneto e della Lombardia, Luca Zaia e Attilio Fontana: “Arrivati a questo punto è impensabile gettare tutto alle ortiche. La candidatura va salvata, per cui siamo disponibili a portare avanti questa sfida insieme. Se Torino si chiama fuori, e ci dispiace, a questo punto restano due realtà, che si chiamano Veneto e Lombardia, per cui andremo avanti con le Olimpiadi del Lombardo-Veneto. La Lombardia, con Milano e la Valtellina, e il Veneto, con Cortina, sono pronti a unire le forze e fare squadra per garantire all'Italia una candidatura qualificata”. Un'ipotesi che, ovviamente, garantirebbe a Milano di essere la città capofila. 

 

Per il vicepremier Matteo Salvini si può fare: “Se i fondi li trovano loro, e se la spesa è limitata, perché no a Olimpiadi organizzate da Veneto e Lombardia? L'importante è che l'Italia torni ad essere protagonista”. Stessa posizione di Giorgetti che alle 18 incontrerà a Palazzo Chigi il presidente del Coni, Giovanni Malagò. E chissà che alla fine quella del 2026 non diventi la prima Olimpiade verde. 

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