Un sistema calcio da retrocessione
La serie B sospesa dal Tar e il paese in cui tutti hanno diritti e pochi doveri
La serie B è sospesa, dopo che il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Ternana e Pro Vercelli che chiedono il ripescaggio dalla C, emanando contemporaneamente un decreto di sospensione”. Le parole di Franco Frattini, ex ministro degli Esteri e oggi presidente del Collegio di garanzia del Coni, fotografano una situazione che riguarda non solo il secondo campionato del calcio professionistico italiano, ma in modo perfetto i poteri eccezionali di una giustizia amministrativa che prospera tra incertezza del diritto e sovrabbondanza di protagonisti, il tutto inversamente proporzionale ai mezzi economici.
Un po’ come per le province, impossibili da riformare e disboscare. In fondo, un’immagine del paese. I fatti: la serie B era partita a 19 squadre dopo l’esclusione per fallimento di Cesena, Bari e Avellino. Ternana e Pro Vercelli hanno chiesto il ripescaggio e se lo ottenessero potrebbero farsi avanti anche Novara, Siena e Virtus Entella. Dovrebbe decidere, dopodomani, il Collegio del Coni: si potrebbe avere una B a 19, 21 o addirittura 24 squadre. Ma che cosa c’è a monte di tutto questo? Il record europeo, e probabilmente mondiale, di squadre professionistiche: 102, divise tra le 20 di A, le 22 (sulla carta) di B e 60 in tre gironi di C. Per iscriversi i club presentano garanzie economiche, fidejussioni e certificazioni di bilanci che spesso si rivelano fasulli: “Un sistema che non regge più” disse nel 2017 Carlo Tavecchio, allora presidente della Federazione gioco calcio, proponendo di ridurre del 30 per cento il numero dei club professionistici.
Ma Tavecchio era “espressione del vecchio”, bersaglio dei benpensanti, e dunque da febbraio scorso la Fgci è commissariata dal Coni. Peccato che Tavecchio abbia ragione. Rispetto ai 102 club professionistici italiani, la Germania ne ha 36 (Erste e Zweite Bundesliga), la Francia 40 (Ligue 1 e 2), la Spagna 42 (Liga de Primera e Segùnda Division), l’Inghilterra 94 (Premier, e tre divisioni di Football League). Non si può dire che ne risentano le vittorie delle rispettive Nazionali, dei club in Champions né il movimento del pallone in generale. Ancora meno la forza economica. Ma il calcio in Italia è come il reddito di cittadinanza: tutti hanno dei diritti, doveri meno, tanto c’è il Tar.