Abbassare il volume ai buu razzisti
Lo dice l’ad di serie A in un audio “rubato”. Giusto (ma tutti si indignano)
La lunga guerra per il potere nel calcio italiano ha fatto registrare una nuova battaglia. A farne le spese è stato l’amministratore della Lega serie A, Luigi De Siervo, che ha visto pubblicato su alcuni siti di informazione il frammento di un audio “rubato” (e subito diventato “shock” nei titoli online) durante il consiglio di Lega del 23 settembre scorso. Al presidente del Milan, Paolo Scaroni, che segnalava un articolo del New York Times sui buu razzisti negli stadi italiani, De Siervo spiegava di avere “chiesto ai nostri registi di spegnere i microfoni verso la curva. Quindi non lo sentirete in tv”.
A quel punto molti commentatori si sono dati al vero sport nazionale italiano, che non è il calcio, ma l’indignazione: come se le parole di De Siervo lasciassero intendere la volontà di nascondere un problema invece di risolverlo. Quell’audio, tagliato e decontestualizzato, può sembrare incauto, dato che il tema razzismo scatena spesso reazioni poco ponderate (in più De Siervo dovrebbe sapere di essere circondato da persone di cui fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, specialmente in questa fase), ma non si capisce come la sua idea, anche ridotta a un mozzicone di frase rubata, possa scandalizzare così tanto. Arriviamo da mesi in cui, giustamente, si chiede di non dare risalto a violenti e razzisti per sgonfiare i fenomeni emulativi, e in quella riunione la Lega stava discutendo di come valorizzare televisivamente le partite del campionato italiano.
“A controllare la regolarità dello svolgimento delle gare e documentare a fini legali e sportivi ciò che capita dentro allo stadio ci pensano già gli organi preposti: la polizia, gli ispettori di Lega e Federazione e, non ultimi, gli arbitri”, ha fatto notare De Siervo, che più volte in questi mesi ha speso parole contro episodi di discriminazione razziale. Squalifiche e provvedimenti non vengono presi in base a quanto si sentono o meno i buu in televisione. Se si vogliono combattere le forme di razzismo che resistono in alcuni stadi, ingigantirle non è la strada migliore. Isolarle, e permettere a chi di dovere di individuare i responsabili da punire, sì.