La Serie A non diventi Serie Asl
Il caso Juve-Napoli e il calcio che deve potere convivere con il virus
Ci si perdoni perché parliamo di calcio e non di scuola, ma nel giorno in cui il mercato più anomalo e meno emozionante di sempre chiudeva i battenti, a occupare siti di informazione e chiacchiere (distanziate) nei bar era ancora il caso di Juventus-Napoli, annullata domenica sera dopo che la squadra partenopea non si era presentata a Torino in seguito a un divieto di trasferta emanato dalla Asl del capoluogo campano a causa di due positività al Covid-19 emerse in settimana tra i giocatori allenati da Gattuso.
È atteso per oggi il verdetto del giudice sportivo – quasi certamente sarà vittoria a tavolino per i bianconeri – poi ci sarà il ricorso della società di Aurelio De Laurentiis e la conseguente lunghissima attesa prima di potere sapere come andrà a finire. Nel dibattito da azzeccagarbugli che ne è nato, pare chiaro che il Napoli abbia forzato la mano, infilandosi in una piega interpretabile del regolamento e trovando sponda nelle due Asl di Napoli.
Qualcuno ha voluto scavalcare o semplicemente ignorare le regole che i venti club di Serie A si erano dati giovedì scorso, di concerto con la Figc e il Comitato tecnico scientifico: ovvero con lo stato stesso, da cui dipendono le Asl e le regioni. Da questo conflitto stato contro stato a uscirne malconcia è la Serie A, che rischia di non arrivare alla fine a causa di un calendario deciso di volta in volta da Asl più o meno zelanti. Se il protocollo approvato non è più al passo con i tempi, lo si riveda una volta per tutte e lo si applichi.
Senza moralismi, però: ricordare che ci sono state decine di migliaia di morti per il Coronavirus non può essere il solo criterio con cui giudicare se mandare avanti un settore decisivo anche per l’economia del paese come quello del calcio, che di fronte a quelle morti appare ovviamente meno importante. Ieri in serata il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, ha detto che il protocollo “è giusto e deve essere rispettato da tutti. Non corriamo il rischio di bloccare il campionato”. Se tutti dobbiamo convivere con il virus, d’altra parte, deve poterlo fare anche il mondo del calcio. La Serie A non può diventare la Serie Asl.