editoriali
Viva il tennis semplice di Martina Trevisan
La semifinale a Parigi è una lezione contro l’egemonia dei mental coach
Ci eravamo abituati a declinare il tennis italiano soltanto al maschile, distratti dall’abbondanza e dalla varietà. Il femminile sembrava essersi fermato a New York 2015, Vinci contro Pennetta in finale agli Us Open, il non plus ultra da cui si può soltanto precipitare. E infatti così è stato. Più il passato è glorioso, più il presente appare misero. Ad accrescere la miseria, poi, ci ha pensato anche l’altra metà del cielo, che in queste stagioni non ha fatto altro che splendere. Ma quando arrivano le ragazze? Ci si chiedeva. E intanto le ragazze diventavano donne. Nel tabellone principale del Roland Garros quest’anno erano presenti dodici Azzurri, otto maschi e quattro femmine. I grandi nomi da pronostici e su cui scommettere sono tornati a casa. L’unica rimasta in gara è Martina Trevisan, che per la prima volta in carriera ha raggiunto la semifinale in un torneo del Grande slam.
In un circuito dominato da poco più che teenager, enfant prodige dedite alle sponsorizzazioni a raffica e agli exploit fulminanti, l’italiana rappresenta una eccezione. Ventotto anni, sorrisi al posto dei bronci da campionessa, nessun accenno alla salute mentale, ai mental breakdown con cui ultimamente si tende a giustificare ogni sconfitta, la numero 27 del ranking virtuale è a quota dieci vittorie consecutive, dal torneo di Rabat agli Open di Francia, dove giovedì affronterà la statunitense Cori “Coco” Gauff, a proposito di enfant prodige col broncio perenne.
Quando il mondo ti crolla addosso a volte non hai altra soluzione che lasciarlo crollare e crollare un po’ insieme a lui, aspettando il momento giusto per cominciare a opporre resistenza. Questo non è tennis, è vita, e si applica anche al gioco. Rispetto alle sue colleghe, Trevisan sa che il vero dolore non lo incontri dentro un campo. Il tennis è più semplice di come lo stanno facendo diventare mental coach e psicologi, soprattutto quando ti sei liberato di demoni che hanno provato a divorarti. Nella vita reale, non durante un torneo. E’ tutto semplice per chi sa cosa significa sopravvivere: si tratta di colpire la pallina. E sorridere più spesso.