Le parole dell'ad
"La Serie A muore nel silenzio della politica". Il grido d'allarme di De Siervo
L'ad della Lega è "preoccupato" per le condizioni del sistema calcio italiano: dall'assenza di contributi pubblici, alla pandemia, fino alla pirateria. Un danno da "un miliardo ogni tre anni". Mentre le altre competizioni crescono, l'Italia resta sempre più isolata
In vista dell'assemblea del prossimo 24 febbraio e dell'imminente assegnazione dei diritti tv per la Serie A, l'amministratore delegato della Lega Luigi De Siervo si dice “preoccupato” per le condizioni del sistema calcistico italiano. E afferma, in un'intervista a Repubblica, che “ci aspetta il bando per i diritti televisivi più difficile di sempre”. Le cause sembrano chiare: “Abbiamo registrato la disaffezione di Mediaset e la scelta di Sky, nell'ultimo triennio, di avere un ruolo più marginale (soltanto tre partite a giornata trasmesse, ndr)”. E le conseguenze pure: “Il danno è di circa un miliardo ogni tre anni”. Il nemico numero uno della crescita del settore calcistico rimane il ben noto problema della pirateria: in Italia, sembra essere ancora troppo semplice riuscire a vedere il campionato aggirando i costi delle piattaforme. “Abbiamo il triste primato di essere il paese col tasso di pirateria più alto al mondo”, racconta rammaricato De Siervo.
Insomma, il quadro figurato dall'ad ha tinte a dir poco fosche. L'aggravante è che nessuno – nessuno che abbia il potere di intervenire, soprattutto – sembra accorgersene: “Tutto ciò è avvenuto nel silenzio della politica e delle autorità”. Le soluzioni, infatti, ci sarebbero: “Il mancato via libera alla proroga del contratto attuale per i diritti poteva essere uno strumento negoziale”, che avrebbe permesso “di affrontare il mercato con le stesse armi delle altre Leghe”. De Siervo auspica ora l'abolizione della legge Melandri, che limita la durata delle assegnazioni televisive a tre anni (la cui proroga a cinque è stata da poco cassata al Senato): “Siamo l'unico paese al mondo in cui una legge statale limita una società privata a vendere i diritti come meglio crede”.
In un contesto del genere, il Covid non è stato che l'ultimo, e forse uno dei più importanti, anelli di una catena, che hanno lentamente stritolato il già fragile mercato calcistico italiano. “La pandemia ha creato perdite per 1,2 miliardi”, dice De Siervo. Additando ancora la colpevole omertà della politica: “Ha aiutato tutti ma non ha dato nulla al calcio”.
Mentre l'Italia arranca, altri paesi sembrano invece aver trovato la ricetta giusta per coniugare fiscalità e intrattenimento. “La crescita della Premier League (il campionato inglese, ndr) e della Champions espone i campionati nazionali a un grave pregiudizio perché rischiano di veder comprimere la loro base di ricavi”. Una disomogeneità di risorse in cui la Serie A sembra condannata a rimanere il fanalino di coda delle grandi competizioni europee.