editoriali
Sugli stadi, potere ai privati: cosa può insegnare all'Italia il piano del Barcellona per rinnovare il Camp Nou
Il club ha annunciato di aver ottenuto da un consorzio di venti investitori un finanziamento da 1,45 miliardi di euro per i lavori di ristrutturazione dell'impianto sportivo. I precedenti di Spotify e della King League e i problemi politici che restano da affrontare
“Correremo qualche rischio, ma saranno rischi calcolati”. Lo scorso 8 agosto il presidente del Barcellona Joan Laporta annunciava la spericolata manovra finanziaria del club, deciso a tamponare un mastodontico rosso di bilancio da 1,3 miliardi di euro cedendo in anticipo a un fondo americano robuste percentuali (tra il 20 e il 25 per cento) dei diritti tv dei prossimi 25 anni: con quel denaro era riuscito a finanziarsi gli acquisti di Lewandowski, Kessié, Raphinha, Koundé, tutti più o meno decisivi per il 27esimo titolo nazionale, aritmetico tra qualche settimana.
In queste ore il club ha annunciato di aver ottenuto da un consorzio di venti investitori un finanziamento da 1,45 miliardi di euro per i lavori di ristrutturazione del Camp Nou: è il progetto “Espai Barça”, la risposta blaugrana al nuovo faraonico Bernabeu che aprirà ufficialmente i battenti dalla prossima stagione. Quella volpe di Florentino Pérez s’era portato avanti con un tempismo degno di Benzema, approfittando della pandemia per iniziare i lavori e traslocare nel campetto del centro sportivo di Valdebebas intitolato ad Alfredo Di Stefano, teatro di una surreale semifinale di Champions contro il Chelsea nel 2021. Già da un anno il Barça ha siglato un accordo da 435 milioni con Spotify, comprensivo anche dei naming rights del nuovo stadio, ceduti per 180 milioni in 12 anni.
Nota a margine: lo scorso 26 marzo, in piena pausa nazionali, il Camp Nou s’è riempito di 90 mila persone per la Final Four della Kings League, il torneo di calcio a 7 organizzato da Gerard Piqué con regole avveniristiche che spopola presso i giovanissimi. Tutto questo flusso di denaro in entrata e in uscita aiuta in parte anche a nascondere due grossi problemi politici. Il primo è la Superlega. Il secondo è lo spinoso caso Negreira, l’ex dirigente arbitrale segretamente stipendiato come “consulente” fino al 2018, vicenda che ha nuovamente avvelenato i rapporti tra il club e il calcio europeo, con Ceferin che attende le conclusioni dell’inchiesta a fucile spianato. Ma a Barcellona sognano il ritorno di Messi per il 2023-24… “When in trouble, go big”: come si dirà in catalano?