L'accordo con la procura

Il paradosso del patteggiamento. La Juventus tra giustizia e futuro

Ruggiero Montenegro

Il club si tiene il meno 10 sulle plusvalenze (non farà ricorso) e sceglie la via della diplomazia sulla "manovra stipendi", dove sembrava avere una posizione ancor più difficile: multa da 718 mila euro e nessuna nuova penalizzazione. Sulla decisione dei bianconeri ha inciso la necessità guardare avanti ma anche le scarse garanzie della giustizia sportiva

Il paradosso è che alla fine la Juventus patteggia nell'inchiesta - quella sulla "manovra stipendi" relativa all'inchiesta Prisma- canadosela con la sola sanzione pecuniaria, laddove sembrava avere la posizione più diffiicile, mentre si tiene la condanna di 10 punti sul caso plusvalenze, una fattispecie su cui mancano le norme, nonostante se ne discuta da anni. E soprattutto, una circostanza rispetto alla quale è stata giudicata più volte e sempre con modi e proporzioni diverse. E' fatta così la giustizia sportiva italiana, capace di tutto e del suo contrario. 

Gli avvocati della Juventus hanno trovato l'accordo con l'accusa: una super multa da 718 mila e nessun ulteriore punto di penalità, per archiviare definitivamente la pratica giudiziaria e tenere in qualche modo aperte le porte dell'Europa, Uefa permettendo. Contestualmente i bianconeri rinunceranno ad appellarsi al Coni, mentre Andrea Agnelli non ha sottoscritto la rinuncia al ricorso per le plusvalenze e andrà a processo il 15 giugno. 

 

D'altra parte che fossero in arrivo novità, il chief football officer Francesco Calvo, alla vigilia di Juventus-Milan di domenica sera, l'aveva lasciato intendere: "Per noi ormai è acqua passata, la sentenza è definitiva e siamo concentrati sul campo”. Sul prato, in verità, tutta questa concentrazione non si è vista. Ma a guardar bene, le parole del dirigente bianconero una certa logica la rivelavano, anticipando le mosse del club e spiegandone il senso. "Riteniamo di essere stati puniti ingiustamente, sappiamo che abbiamo cominciato i processi accusati di violare un articolo e li abbiamo conclusi condannati per averne violato un altro", aveva aggiunto il dirigente. Insomma, è tempo di voltare pagina e andare avanti - il senso delle parole. 

Troppi scossoni hanno già segnato la stagione bianconera in un continuo ottovolante che ha visto la Juve salire e scendere in classifica. Quello che Allegri aveva definito "uno stillicidio" e Mourinho "un campionato falsato", a cui si lega inoltre quel senso di perenne precarietà che a Torino vogliono in fretta mettersi alle spalle. Una condizione insostenibile per un'altra stagione, a prescindere da quale sia la base di partenza e da quello che potrà essere l'orizzonte. Questo, semmai, lo si capirà tra qualche settimana. Intanto era importante sgombrare il campo dalle incognite. 

E' in questo quadro che la Juventus ha maturato la scelta di scendere a patti con i giudici federali. Una decisione su cui si innestano considerazioni di vario tipo, a cavallo tra giustizia (italiana ed europea) e programmazione. La prima non può che far riferimento, appunto, alle modalità e alle incongrunze - eufemismo - della schizofrenica legge sportiva, passata dall'eccesso giustizialista al suo opposto nel giro di poche settimane. Ma il patteggiamento è un'ammissione di colpa, si dirà. E tanti tifosi bianconeri, non a caso, pare non abbiano gradito questa soluzione. Ma cercare garanzie processuali in un ordinamento e in un procuratore come Giuseppe Chiné che, in balia di una inchiesta a tratti tutto mediatica, hanno cambiato più volte la richiesta di pena, come dovrebbe essere considerato? Chissà. Meglio l'accordo con la procura Figc.

 

Così a Torino hanno pensato bene di affidarsi alla via della diplomazia giudiziaria (e politica?),  tanto più con un'intesa (questa volta) vantaggiosa, concordando quindi una pena da scontare entro questa stagione e avere le mani libere nella prossima. Si potrà così programmare, magari ripartendo da quei giovani -  da Miretti a Fagioli e Iling, solo per citarne alcuni - su cui pesano aspettative ben più leggere e che rappresentano probabilmente l'unica nota lieta di questo campionato. 

Una fase di passaggio e ricostruzione, questa volta per davvero, resa quasi inevitabile considerando che i bilanci non sono più quelli di qualche anno fa e il fatto che i bianconeri non giocheranno la Champions League l'anno prossimo. A Torino rischiano in realtà di non giocare in Europa in nessun caso, anche fosse la Conference league. Non è infatti un mistero infatti che con l'Uefa i rapporti non siano idilliaci, la battaglia sulla Superlega non è ancora finita. Mentre il presidente della federazione europea Ceferin non perde occasione per puntare il dito contro il cub.  E, una volta archiviata la questione processuale in Italia, toccherà all'Uefa pronunciarsi: non si può escludere, ed è anzi forse probabile, che Nyon possa optare per l'esclusione dalle coppe europee per un anno (o due). Pesa anche il settlement agreement sul Fair play finanziario. 

Rinunciare alle competizioni minori tuttavia non sarebbe un dramma, ma quasi la situazione auspicata dalla Juventus, soprattutto se si trattasse della poco prestigiosa Conference. In questo modo verrebbe scontata subito l'eventuale penalità, che diversamente sarebbe da scontare invece alla prima (prossima) qualificazione europea. Una stagione senza Europa è ben più facile da gestire. Non è un caso forse che il ciclo di Antonio Conte in bianconero era cominciato proprio così, senza partite infrasettimanali. E lo stesso si può dire percorso del Milan, campione d'Italia e poi in semifinale di Champions. A Torino si sono fatti due conti, preferendo fare di necessità, virtù.

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