Adieu Paris

Calato il sipario sulle Olimpiadi adesso Parigi dia un'occhiata a Londra

Redazione

Dopo l'appuntamento del 2012 il complesso olimpico sorto in un’area abbandonata di East London è stato trasformato in una mini città dentro la città. Un modello di pianificazione intelligente che ogni paese dovrebbe seguire e copiare

James Bond entra in una stanza di Buckingham Palace e la Regina Elisabetta II si volta, si alza e lo segue, seguita dai suoi inseparabili cagnolini Corgi: finirà che Sua Maestà sale su un elicottero pilotato da 007, per poi lanciarsi col paracadute nello stadio delle Olimpiadi, a Londra. Nessuno di loro c’è più: la sovrana dei record è scomparsa quasi due anni fa e Daniel Craig, l’attore che impersonificava Bond, ha abbandonato gli abiti dell’agente segreto con licenza di uccidere. Ma il video inaugurale delle Olimpiadi di Londra è rimasto nella storia come il più celebre spot dei giochi. Correva l’anno 2012.

Mentre cala il sipario su Parigi, tra le meno interessanti – sportivamente parlando – ma la più memorabile per i tempi a venire, infarcita com’è stata di polemiche globali, di scandali Lgbt, di Mattarella sotto il diluvio e di pugili dalle indefinite identità sessuali, ma dai ganci troppo potenti, i riflettori ora sono puntati sullo spreco delle grandi opere e sul destino del villaggio olimpico, che rischia di essere condannato, come tanti altri, a diventare l’ennesima cattedrale nel deserto. Da Londra hanno un consiglio: “Parigi prenda esempio da noi” esordisce Laura Citron, la capa della agenzia di investimenti London&Partners. Il comitato organizzatore salga sul primo Eurostar direzione King’s Cross St. Pancras e vada a vedere cosa hanno fatto sulle sponde del Tamigi. Sono solo due ore di treno ma chiedere a un francese di copiare un inglese è un’eresia, come dire a un livornese di apprezzare un pisano. Fatta la tara allo sciovinismo, Parigi avrebbe qualche lezione da imparare dai suoi acerrimi nemici, con cui ha litigato pure sui merluzzi delle Isole della Manica, dopo la Brexit. L’Olympic Park di Londra è oggi uno dei quartieri più interessanti della capitale, il miglior esempio di rigenerazione urbana in Europa.


A inizio estate, i Foo Fighters, superstar mondiali del rock capitanate da Dave Grohl, ex batterista dei Nirvana di Kurt Cobain, tra le ultime leggende viventi della musica, hanno tenuto un epico concerto dentro il London Stadium. Normalmente lo stadio, costruito per i giochi, non ospita eventi musicali ma è la casa del West Ham, il famoso club di calcio di Londra. A dodici anni dalle Olimpiadi, Londra gode i frutti della riconversione: i giochi costarono 8 miliardi di sterline. Ma “furono fin dall’inizio progettati affinché tutta l’area potesse poi essere riconvertita” spiega Gavin Poole, l’amministratore delegato di Here East, società che gestisce un complesso tecnologico dentro all’ex villaggio. Aveva ragione Churchill a dire che i piani non servono a niente, ma la pianificazione è essenziale: il villaggio olimpico fu pensato vicino ai treni e alla altrettanto futura Elizabeth Line, così da essere poi riadattato a zona residenziale. “Londra è il miglior esempio al mondo di riutilizzo del villaggio olimpico di tutta la storia dei giochi, l’esatto opposto di Sydney, considerato il peggior caso” rivendica la signora Citron con un tono che ha poco della modestia inglese (che poi è finta ma è pubblicamente utile). E in effetti dalla terrazza degli uffici del Queen Elizabeth Olympic Park, la sede della società immobiliare che amministra il sito, la vista si apre su una distesa di impianti sportivi, parchi, campus universitari, musei e intrattenimento: su tutti svetta la torre Arcelor Mittal (dal nome dello sponsor) e sullo sfondo i grattacieli della City di Londra con il Gherkin (cetriolo) e il Walkie Talkie.


Quando, nel 2004, il comitato scelse questa zona di East London come sito olimpico, l’area era più di una scommessa azzardata: era pura follia urbanistica. Già Londra Est è storicamente una zona degradata, povera e malmessa: già a fine ’800 Jack Lo Squartatore andava lì a cercare le sue vittime, tra le prostitute che affollavano gli sporchi e malfrequentati vicoli di Whitechapel. Gli oltre 220 ettari di terreni, ex magazzini abbandonati e in rovina, sono stati trasformati prima in mega complesso olimpico e poi in una mini città dentro la città. Il primo passo fu la costruzione di un centro commerciale: detta così non sembra nulla di urbanisticamente originale o rilevante. Ma il grandioso Westfiled di Stratford è il Bulgari dei centri commerciali, ospita i grandi magazzini John Lewis e il più grande supermercato alimentare M&S: ogni anno 20 milioni di persone entrano a Westfield. Ma non basta lo shopping (e il consumismo) per rianimare una zona o non farla andare alla malora: il villaggio oggi ospita anche 1.200 case popolari, una sede della Bbc e il College of Fashion. La vecchia sala stampa delle Olimpiadi, che occupava ben tre edifici dotati di tecnologia all’avanguardia per le dirette tv, è stata trasformata in un centro di innovazione per start-up: 92 società quotate alla Borsa di Londra sono nate in quegli spazi. E la riqualificazione continua: dopo oltre un decennio dalla fine dei giochi, ci sono ancora gru e cantieri per portare nuovi inquilini: dentro l’Olympic Park aprirà pure una filiale del Victoria&Albert Museum: il più squisito museo di Londra, inaugurerà nel 2025 il V&A East, mettendo in mostra tantissimi materiali che oggi sono negli scantinati del maestoso palazzo di South Kensington. Morale della storia: più che le Olimpiadi in sé, per la città ospitante conta l’eredità che i giochi lasciano.