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Aurelio De Laurentiis con Victor Osimhen (foto Ansa)
editoriali
Togliere il calciomercato ai pm
Per De Laurentiis chiesto il rinvio a giudizio. L'accusa è di falso in bilancio in relazione alla compravendita dalla Roma del giocatore Kostas Manolas e alle presunte plusvalenze fittizie per l’acquisto di Victor Osimhen. Ma l’inchiesta vacilla
La giustizia penale torna a occuparsi di calciomercato, andando a sbattere con le solite contraddizioni. La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, per l’accusa di falso in bilancio in relazione alla compravendita dalla Roma del giocatore Kostas Manolas nell’estate del 2019 e alle presunte plusvalenze fittizie per l’acquisto di Victor Osimhen nel 2020 dal Lille.
Nel primo caso, al Napoli viene contestato di aver acquistato Manolas dalla Roma per la cifra di 36 milioni di euro, e di aver ceduto contestualmente alla Roma Amadou Diawara per 21 milioni. L’operazione portò la Roma a realizzare una plusvalenza di 31 milioni. Per i pm le cifre pagate dai club sarebbero state gonfiate proprio per produrre effetti positivi nei relativi bilanci. Lo stesso sarebbe avvenuto nel caso dell’acquisto di Osimhen, pagato dal Napoli 76 milioni. Nell’operazione furono inseriti quattro giovani calciatori del Napoli con valutazioni che secondo gli inquirenti sarebbero state gonfiate, in modo da ridurre l’impatto contabile dell’operazione per il Napoli, permettendo al club partenopeo di iscrivere nel bilancio le relative plusvalenze (quasi 20 milioni). Come con la precedente – e tuttora in corso – inchiesta nei confronti della Juventus, e con l’altra indagine aperta nei confronti della Roma, le domande sull’ultima iniziativa giudiziaria restano le stesse.
Sulla base di quali elementi i magistrati definiscono “gonfiato” il valore dato da un club a un giocatore? Per quale ragione, nel caso dell’operazione Osimhen, la procura di Roma non ha indagato e chiesto il rinvio a giudizio anche del presidente del Lille, cioè della controparte che concretamente ha compiuto gli acquisti ritenuti frutto di un accordo per generare plusvalenze illecite? E, soprattutto, come fanno i pm a contestare presunte plusvalenze illecite senza avere prova dell’accordo doloso tra i club? L’impressione è che si sia di fronte all’ennesima inchiesta coinvolgente sul piano mediatico, ma con pochi appigli sul piano penale.