
Foto Ansa
(1939-2025)
È morto Bruno Pizzul
Lutto nel mondo del calcio e del giornalismo. Il telecronista della Nazionale era ricoverato all'ospedale di Gorizia, avrebbe compiuto 87 anni tra pochi giorni
Bruno Pizzul è morto. Il giornalista era ricoverato all'ospedale di Gorizia, era nato a Udine l'8 marzo 1938 e avrebbe compiuto 87 anni tra pochi giorni.
Storica voce del giornalismo sportivo italiano, Pizzul fu assunto in Rai nel 1969. Commentò la sua prima partita l'anno seguente, l'8 aprile 1970: era Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia. Da quel momento la sua voce ha accompagnato per più di trent'anni gli appassionati di calcio fino al 2002, quando raccontò Italia-Slovenia, una sconfitta per la Nazionale finita 0-1.
Dalla Coppa del Mondo del 1986 è diventato la voce delle partite della Nazionale ed è stato il telecronista delle gare degli Azzurri in occasione di cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei. Il suo nome non è legato solo alle telecronache ma anche alla conduzione di Domenica Sprint e poi della Domenica Sportiva.
Raccontando al Foglio il Campionato del mondo di Messico 1970, Pizzul ha detto: “Sono le partite che nella mia carriera da giornalista, mi sono rimaste più incise nella memoria. Se chiudo gli occhi percepisco ancora suoni e immagini di quei tempi. Ero appena stato assunto in Rai, mi mandarono a sorpresa a fare la quarta voce. Non avevo nessuna esperienza. Era un calcio fatto di emozioni e sano tifo. I calciatori giocavano per divertire e divertirsi, non c’era spazio per procuratori o agenti, ma solo campo. Prevaleva la meritocrazia”. Una nostalgia che risulta ancora più forte di fronte alle parole con cui Pizzul commentava i tempi contemporanei: "La figura del calciatore, come atleta si è persa, è di fatto un istituto di credito, che possiede come obiettivo principale il guadagno personale. Anche il tifo è cambiato. I nostri giorni sono pesantemente contaminati. La violenza è spesso eccessiva in qualsiasi manifestazione sociale. Il rischio è che possa esserci disaffezione nei prossimi anni da parte delle nuove generazioni"
Per quasi mezzo secolo Pizzul ha girato il mondo, ha visto stadi e città. In un'altra intervista al Foglio ha raccontato: “Ogni volta era un’avventura, soprattutto nei primi anni, quando si viaggiava da soli. Oltre al lavoro c’era da organizzare la sistemazione in albergo, trovare un posto dove mangiare. E spesso ci rifilavano dei cibi terribili, non come ora che ovunque vai trovi un menù che potrebbe aver realizzato il ristorante sotto casa”. Quindici anni di telecronache dell’Italia, quindici anni di amicizie, partite a carte e aneddoti. “Non era come adesso. Spesso si viaggiava con la squadra, si condividevano gli hotel e il tempo libero. Ricordo interminabili sfide a biliardo e tante chiacchierate. Ho sempre legato con tutti, ma tra i tanti frequentavo di più Zoff, Facchetti e Rivera. E raccontare agli italiani le loro gesta sportive mi coinvolgeva emotivamente”.
Prima di diventare giornalista, Pizzul fu anche calciatore. Come abbiamo scritto in un ritratto per i suoi ottant'anni, Iniziò a giocare giovanissimo, al calcio offrì un fisico immenso e una intelligenza raffinata per il gioco. Arrivò in serie B con il Catania, ma un infortunio con il ginocchio lo costrinse a lasciare. Si dedicò allo studio della Giurisprudenza, poi all'insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie. Quindi il concorso in Rai e la sua prima radiocronaca. In tutta la sua carriera non gli capitò mai di pronunciare quelle tre parole che tutti si aspettavano di Mondiale in Mondiale: “Campioni del Mondo”. Nonostante quella formula magica sia stata pronunciata da altri, quella di Pizzul rimane ancora l'ultima voce, unica, del calcio nazionale. La voce della nostalgia.