Per l'Antitrust, WhatsApp deve pagare una multa di 3 milioni
L'azienda "ha indotto gli utenti a condividere i loro dati con Facebook" e il contratto sottoposto ai clienti viola diverse norme
L'Antitrust ha deciso di sanzionare WhatsApp con una multa da 3 milioni perché il sistema di messaggistica più famoso del mondo "ha indotto gli utenti a condividere i loro dati con Facebook".
Le istruttorie da cui è partita la sanzione sono state avviate nell'ottobre scorso per presunte violazioni del Codice del Consumo. Nel primo procedimento, l'Autorità ha accertato che la società ha indotto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi Termini di utilizzo, in particolare la condivisione dei propri dati con Facebook, facendo loro credere che altrimenti sarebbe stato impossibile proseguire nell'uso dell'applicazione. Coloro che erano già utenti alla data della modifica dei Termini (25 agosto 2016) avevano, invece, la possibilità di accettarne "parzialmente" i contenuti, potendo decidere di non fornire l'assenso alla condivisione delle informazioni del proprio account WhatsApp con Facebook e continuare, comunque, a utilizzare l'app. La condotta dell'azienda è stata attuata con una procedura in-app di accettazione dei nuovi Termini e caratterizzata dall'informazione sulla necessità di tale accettazione, entro 30 giorni, a pena di dover interrompere la fruizione del servizio. Inoltre, WhatsApp non ha evidenziato in modo adeguato la possibilità per l'utente di negare il consenso alla condivisione dei dati con Facebook.
L'altro procedimento istruttorio avviato nei confronti di WhatsApp si è concluso con l'accertamento della vessatorietà delle disposizioni che prevedono esclusioni e limitazioni di responsabilità in capo a WhatsApp molto ampie e generiche. Tra queste, la possibilità di interruzioni del servizio decise unilateralmente da WhatsApp senza motivo e senza preavviso; il diritto generico esercitabile da WhatsApp di risolvere il contratto o di recedere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo e non consentire più all'utente l'accesso o l'utilizzo dei servizi, senza prevedere lo stesso diritto per il consumatore; il diritto generico esercitabile da WhatsApp di introdurre modifiche, anche economiche, dei Termini di Utilizzo senza che nel contratto vengano preventivamente indicate le motivazioni; un generico diritto esercitabile da WhatsApp di recedere dagli "ordini" e di non fornire rimborsi per i servizi offerti, senza precisare in modo chiaro il contesto in cui tali operazioni si esplicherebbero; la generale prevalenza del contratto scritto in lingua inglese, in caso di conflitto con la versione tradotta in lingua italiana (accettata dall'utente), senza prevedere la prevalenza dell'interpretazione più favorevole al consumatore, a prescindere dalla lingua in cui la clausola è redatta.