Perché le fake news non sono un pericolo per la democrazia
Secondo Bill Dutton, professore della Michigan State University, “il panico sul pericolo costituito dalle fake news è ingiustificato”
Il successo di Donald Trump alle presidenziali americani aveva aperto un tema che è stato dibattuto a lungo: qual è il peso delle fake news all’interno della democrazia occidentale? L’opinione pubblica si era divisa pressoché in due tronconi: da una parte chi si diceva preoccupato per la possibilità che notizie palesemente false avessero un peso sempre più grande all’interno dell’elettorato, dall’altra chi sosteneva che questo fosse un allarme sovrastimato e che non ci fosse un reale pericolo democratico. Alle analisi si ora aggiunta la ricerca scientifica. “Il panico sul pericolo costituito dalle fake news secondo me è ingiustificato”, ha detto Bill Dutton, professore alla Michigan State University, che ieri a Roma, durante l’evento organizzato da Google Italia in collaborazione con Quorum e Reti, “Oltre le fake news: Internet e politica”, ha presentato i risultati di uno studio svolto su un campione di circa 14 mila utenti della Rete in 7 diversi paesi: USA, Germania, Francia, UK, Italia, Spagna e Polonia.
Da quanto emerge dalla ricerca le fake news non sono così pervasive da mettere a rischio il sistema di informazione, in quanto le moderne tecnologie non sono ancora diventate l’unica fonte di informazione. “All’interno dei paesi europei, gli utenti si fidano più delle notizie trovate online in Italia, Spagna e Polonia; mentre in Germania, Francia e Regno Unito si fidano maggiormente della televisione”, afferma Dutton. In media, comunque, nei 7 paesi considerati tutte le principali fonti d’informazione sono ritenute piuttosto affidabili, mentre i social network sono tenuti decisamente in minor considerazione.
La proliferazione di fake news è innegabile, come è allo stesso tempo innegabile la capacità dei lettori di utilizzare più canali di informazioni: la stragrande maggioranza degli intervistati, infatti, utilizza più di una fonte di informazione, anzi, più il loro interesse per la politica è elevato, più tendono a utilizzare fonti di informazioni diverse. se anche ci fosse un effetto “eco chamber” su un determinato canale (ad esempio, su un social network), il suo effetto deleterio è comunque attenuato dall’utilizzo degli altri canali. A conferma di ciò, l’80 per cento degli intervistati ha affermato di aver visto sui social network delle opinioni differenti dalla propria. Per contro, solo 2 su 10 hanno affermato di rimuovere dalla propria cerchia i contatti che la pensino in modo diverso. E circa un terzo degli utenti hanno affermato di non leggere articoli di opinione diversa dalla propria.
Risultati del tutto simili a quelli di una ricerca del dipartimento di psicologia della Freie Universität di Berlino riportata a marzo su queste colonne. Le conclusioni dei ricercatori tedeschi erano che le “fake news hanno una propagazione elevata, ma una pervasività limitata, almeno nella capacità di far cambiare un’opinione e/o una presa di posizione già elaborata”. Ora è giunta un’ulteriore conferma.
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