Le olimpiadi di Amazon
Un contest fra città per ospitare una nuova sede. Altra rivoluzione di Bezos
Sono le olimpiadi dei trasferimenti aziendali. Il colosso dell’e-commerce Amazon ha annunciato un contest tra grandi città per decidere quale ospiterà il suo secondo quartier generale in Nord America, oltre la sede centrale di Seattle. Il premio è lusinghiero: un investimento da 50 miliardi di dollari per 50 mila posti di lavoro diretti e 100 mila nell’indotto. Il ceo di Amazon, Jeff Bezos, continua a stupire. Dopo avere dimostrato che e-commerce e automazione del lavoro non sono sinonimi di apocalisse per l’impiego – i suoi magazzini assumono molto e pagano più dei normali negozi, come ha documentato il Wall Street Journal in un’inchiesta ripresa dal Foglio il 7 settembre – ora Bezos inverte la prospettiva degli appalti. Comunemente sono gli enti locali a mettere a gara, tra privati, servizi, asset o partecipazioni in società a controllo pubblico. Ora è una multinazionale a offrire sul mercato la sua capacità di creare un consistente giro d’affari e di produrre investimenti per l’ente pubblico che più se lo merita. Nel caso di Amazon la città candidata deve offrire una grande area metropolitana, deve essere un bacino di talenti con un elevato grado di istruzione e con un forte sistema universitario, deve avere un rodato aeroporto internazionale, infrastrutture stradali e ferroviarie efficienti, un costo della vita ragionevole, un ambiente amichevole per gli affari, probabilmente offrire incentivi fiscali, e avere una comunità politica ed economica coesa in grado di perseguire obiettivi condivisi. La platea delle città in Stati Uniti e Canada che possono ambire alla vittoria è ristretta a una cinquantina, dal momento che un’area urbana da almeno un milione di abitanti è il requisito minimo per spuntarla. Detroit, la città rinata dopo la più grande bancarotta di una municipalità degli Stati Uniti, potrebbe candidarsi perché si è ripopolata e sta attirando forti investimenti, soprattutto immobiliari. La vittoria coronerebbe un processo virtuoso di ristrutturazione urbana. Intanto si potrebbe discettare, a titolo di ipotesi, su quale città italiana sarebbe capace di iscriversi alle olimpiadi di Bezos. Milano è un esempio positivo conclamato, ne ha parlato bene perfino il perfido Financial Times. Roma – che non ha voluto i veri Giochi olimpici del 2024 – è esclusa visto che è in pieno svolgimento una gara tra imprese petrolchimiche, farmaceutiche e televisive a chi abbandona più velocemente Raggilandia. Il prossimo?